"Ecco la mia rivincita: ho battuto Fazio facendo servizio pubblico"

Domenica sera Non è l'arena sulla crisi di governo ha superato Che tempo che fa

"Ecco la mia rivincita: ho battuto Fazio facendo servizio pubblico"

«Nani e ballerine contro il vero servizio pubblico». Ci va giù duro Massimo Giletti nel giorno della sua vittoria, della rivincita sulla Rai che lo ha costretto a lasciare l'azienda pubblica. Domenica, nella serata culmine della crisi istituzionale, il talk di Giletti ha battutto il programma di Fazio. Un risultato storico (poche volte La7 ha superato il primo canale), ma sopratutto un risultato epocale dal punto di vista editoriale. Perché un piccolo canale privato si dimostra più pronto a seguire le vicende politiche di quello pubblico. Ecco i numeri: in sovrapposizione (dalle 20.50 alle 00.30) Non è l'arena con il 13,66% di share batte Che Tempo che fa con il 13.45%. Un soffio, ma che diventa una valanga se si considera il peso delle due reti. In assoluto Non è l'Arena ha segnato il 13,51% di share, mentre Che tempo che fa il 14,31%.

Dunque Giletti, è arrivata l'ora della vendetta...

«Non parlerei di vendetta. Piuttosto vedere La7 che supera Raiuno facendo servizio pubblico senza chiedere pagamenti di canone è una soddisfazione che mi ripaga di tante amarezze».

Beh, però, non è che Fazio si sia dimenticato della crisi politica...

«In quelle ore così concitate, noi in poco tempo abbiamo ribaltato la scaletta e, con i nostri ospiti e inviati, abbiamo offerto al pubblico un servizio ampio sugli avvenimenti in corso. Dall'altra parte, invece, non c'era un piano B: si è continuato a intervistare attori, comici e cantanti. Dunque, c'è da chiedersi: chi ha fatto servizio pubblico? Gli italiani che pagano il canone non avrebbero il diritto di essere informati seriamente?»

Com'è riuscito a cambiare tutto così in fretta?

«Quando ho visto il volto scuro e rivolto verso terra di Conte mentre entrava al Quirinale, ho capito che era finita. E ho scatenato tutta la redazione. Devo anche ringraziare Mentana che mi ha lasciato i suoi inviati, come la Sardoni».

Cosa vorrebbe dire ora ai vertici Rai che hanno chiuso «l'Arena»?

«Visti i risultati d'ascolto, chiedo a Orfeo (direttore generale Rai) se è vero, come disse per giustificare la mia cacciata, che la domenica il pubblico vuole trasmissioni rasserenanti. Chiedo a Orfeo se è il motivo per cui sono stato mandato via è che non volevo occuparmi di nani e ballerine. E mi chiedo se qualcuno gli chiederà mai di rendere conto delle scelte che ha fatto. Lui ha agito per conto di un mandante politico, ma un direttore generale saldo avrebbe dovuto mediare e non costringermi al licenziamento».

E a Fazio cosa vorrebbe dire?

«Ma chi sono io per giudicare? Ognuno risponde alla sua coscienza e al suo direttore di rete. So solo che domenica io sono andato a letto felice perché abbiamo lavorato come se fossimo stati nella tv pubblica».

In Rai hanno sempre giustificato le scelte diverse su di lei perché considerato troppo aggressivo e campione del populismo in tv...

«Dare la colpa al populismo è l'alibi della classe dirigente che non vuol capire che la gente vuole cambiare. E intanto gli spettatori decidono loro stessi di cambiare seguendo la crisi su La7 invece che sulla liturgica Raiuno»

Ma qualche giorno fa è stato visto a Viale Mazzini e si vociferava già di un suo ritorno sulla tv pubblica in caso di successo dell'alleanza giallo-verde.

«Non ci penso proprio a tornare finché non ci sono le condizioni. Il 30 giugno mi rivedrò con l'editore de La7 Cairo (con cui domenica sera ci siamo abbracciati a distanza) e decideremo del mio prossimo futuro».

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