Lega e le regioni del Nord rimettono mano al piano per le autonomie. Una prima bozza d'intesa fra Regioni e ministero degli Affari regionali parla di un vero e proprio ridimensionamento dei ministeri romani. A spiegarlo è Il Messaggero, che ha avuto modo di leggere i testi predisposti da Lombardia e Veneto e che saranno discusse in un vertice con il ministro Eirka Stefani.
Come riporta il quotidiano romano, nelle bozze si legge che: "Sono ridimensionate in rapporto ai compiti residui le amministrazioni statali centrali in proporzione alle funzioni e alle risorse trasferite". Un vero e proprio riordino complessivo che dovrebbe avvenire entro quattro mesi dal raggiungimento dell'accordo definitivo e dall'entrata in vigore della legge di approvazione delle intese. A quel punto, il Consiglio di Stato avrà 30 giorni di tempi per valutare i tagli e, una volta confermato, il testo sarà inviato alla Camere per un parere da dare entro un mese. Un regolamento che, decorsi i 30 giorni, sarà approvato per silenzio-assenso.
Per Roma, si tratta di un problema di non poco conto. Anzi, Il Messaggero parla di "colpo mortale" per la Capitale. E questo "perché le risorse e le funzioni che soprattutto Veneto e Lombardia chiedono sono decisamente rilevanti. A cominciare dai 200 mila dipendenti della scuola, che da soli si portano dietro otto miliardi di euro di risorse attualmente gestite dallo Stato centrale. Alle Regioni, secondo le bozze d' intesa, passeranno da subito i dirigenti scolastici che finiranno in un ruolo creato ex novo. Così come nei nuovi ruoli finirà tutto il personale di nuova assunzione sia a tempo determinato che indeterminato".
Una scelta particolarmente delicata cui si aggiunge una novità molto rilevante: i professori e il personale scolastico dello Stato avrà il diritto di scegliere se rimanere nei ruoli del ministero dell' Istruzione oppure di passare ai ruoli regionali. Obiettivo: svuotare il ministero centrale delle sue funzioni principali.
Ma non c'è solo questo. C'è anche una questione legata alle finanze che rischia di essere un colpo durissimo per lo Stato centrale. Lombardia e Veneto, infatti, avranno una larga parte del gettito Irpef che rimarrà nel loro territorio. Inoltre, "entro un anno dovranno essere determinati dei 'fabbisogni standard' che entro altri cinque anni dovranno divenire il 'parametro di riferimento' delle risorse da trattenere nelle Regioni". Questo parametro, almeno stando alle bozze dell'accordo, sarà definito "in relazione alla popolazione residente e al gettito dei tributi maturati sul territorio regionale". Quindi più si genera ricchezza, più si avranno fondi. Anzi, l'eventuale differenza tra il gettito ottenuto nella Regione grazie ai tributi compartecipati e a quello riconosciuto con i fabbisogni standard, sarà totalmente in mano alle Regioni, il che vuol dire che Veneto e Lombardia, se avranno più soldi del costo dei servizi reali, gestiranno loro direttamente il surplus.
Per le autonomie, e la speranza delle Regioni del Nord come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, si tratta di un accordo molto importante, che pone le basi per un progetto previsto da tempo e a cui non si era mai riuscito a dare atto.
Ma il vero obiettivo, è quello di avere "il pieno controllo delle tasse locali, la possibilità di decidere le aliquote, il controllo del prelievo sulle automobili e anche quello sui fondi pensione". E, in futuro, staccarsi dall'obbligo di pareggio di bilancio previsto dalla Costituzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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