Ecco il piano segreto: adesione volontaria e aliquota unica al 23%

A erogare il Tfr potrebbero essere le banche e la Cassa depositi e prestiti

Ecco il piano segreto: adesione volontaria e aliquota unica al 23%

RomaNiente salasso per le imprese, già a corto di liquidità. A erogare il Tfr, nel progetto del governo, potrebbero essere le banche e la Cassa depositi e prestiti. Per ora non c'è un articolato di legge né un documento ufficiale di Palazzo Chigi, ma dalle parti della presidenza del Consiglio circola un paper che spiega come si potrebbe attuare l'idea di trasferire ai lavoratori un pezzo della vecchia liquidazione. Innanzitutto, la volontarietà. L'intenzione era già filtrata e il documento, come detto preso molto sul serio dal premier Matteo Renzi, lo conferma anche se ha lo svantaggio di rendere non prevedibili gli effetti sul gettito.

L'erogazione del Tfr avviene in un'unica soluzione nel mese di febbraio e pari a una mensilità. Non è tassata in Irpef (finirebbe inevitabilmente sull'aliquota più alta), ma nel regime separato, come il Tfr. In cifre, si paga un 23-25%, quasi la metà rispetto all'aliquota dell'imposta sui redditi. Una sorta di quattordicesima, che ha come unico svantaggio quello di non essere rivalutata come il classico Tfr di fine carriera. Il bilancio dello Stato avrà dei benefici, perché verrà anticipato gettito fiscale per una cifra considerevole: tra 1,7 e 5,6 miliardi di euro, a seconda di quanti lavoratori aderiscono. Soldi che potrebbero andare, almeno in parte, a finanziare il fondo di garanzia per le imprese oppure ad alleggerire il peso fiscale sulla previdenza integrativa. Ma anche a ridurre il costo del lavoro per le aziende con meno di 50 dipendenti. Potrebbe venire da qui una parte del taglio Irap annunciato dal premier.

Proprio per non penalizzare i fondi pensione (un altro aspetto critico della proposta), l'idea è di escludere la possibilità di anticipo per chi hanno scelto la previdenza integrativa oppure, sul fronte delle entrate, incentivare il secondo pilastro per i giovani con bassi redditi, anche attraverso sgravi fiscali. La parte più importante è quella che riguarda l'istituzione di un fondo per il Tfr che eviti alle imprese la rinuncia ad un'importante fonte di finanziamento. Gli economisti di Palazzo Chigi hanno avuto mandato di trovare una soluzione che non penalizzi soprattutto le aziende sotto i 50 dipendenti che hanno ancora le quote di Tfr dei loro dipendenti. Ci sono due ipotesi: un fondo ad hoc con Cdp e banche o una convenzione con gli istituti di credito. In questo modo si potrebbero utilizzare direttamente le risorse della Bce destinate al sistema bancario per rilanciare i consumi. A gestire l'operazione potrebbe essere la stessa Cdp, anche ricorrendo agli sportelli delle banche convenzionate oppure anche all'Inps.

Per le imprese non dovrebbe cambiare niente. Le piccole aziende continueranno a trattenere ogni anno circa 9,8 miliardi di euro del Tfr. Il bilancio dello Stato ne trarrebbe benefici e i lavoratori avrebbero una disponibilità di liquidi che, questa la speranza del governo, non vadano solo in risparmi, ma anche in consumi.

Da vedere quale sarà la reazione delle banche. Di certo c'è che il governo tiene molto a questa ipotesi di attuazione. Tanto che non si escludere di estendere l'anticipo del Tfr, da quello maturato in futuro, allo stock che il lavoratore ha già accumulato.

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