Ecco il "Signore delle Poste" che non fa chiudere gli uffici

In Toscana volevano tagliarne una cinquantina Ingaggiato dal Comune di Pistoia, li ha salvati

Ecco il "Signore delle Poste" che non fa chiudere gli uffici

Roma - Per gli abitanti più anziani di molti comuni montani della Toscana è praticamente un eroe che è riuscito nell'impresa titanica di far fare marcia indietro ad un colosso come Poste italiane.

È per motivi di spending review che le Poste avevano annunciato la chiusura o la riduzione di orario di una cinquantina di uffici postali sparsi nella Regione e di centinaia di altri in tutta Italia. Poi qui in Toscana si è messo di traverso l'avvocato fiorentino Gabriele Melani e lo spauracchio è stato evitato. Ma potrebbe essere stato anche il buon senso ad orientare i giudici del Tar chiamati a decidere sulla legittimità della decisione di chiudere i presidi più antieconomici. Perché una cosa è eliminarne qualcuno in una grande città, dove al massimo un paio di fermate di autobus più in là ce n'è un altro, un'altra è sopprimere magari l'unico sportello di qualche sperduto paesino di montagna dove per poter ritirare altrove la pensione bisogna macinar chilometri. «Al di là delle convinzioni tecniche - osserva il legale - ho trovato nei giudici orecchie disposte ad ascoltare».

L'intenzione di Poste italiane di voler risparmiare proprio sulle spalle dei pensionati ha provocato molte proteste nei piccoli centri interessati, che si sono organizzati ognuno per proprio conto per resistere all'azienda dopo che dalle discussioni a livello locale erano state scartate altre proposte per limitare i disagi agli abitanti, come gli uffici postali itineranti o il postino telematico. Così il comune di Pistoia e altri comuni del territorio toscano hanno deciso di promuovere un'azione collettiva e affidato l'incarico all'avvocato Melani, che ha capito subito quanto potesse essere pesante l'impatto sociale di questa decisione e si è messo al lavoro per elaborare una strategia che convincesse i giudici del Tar Toscana. Il primo provvedimento impugnato è dello scorso 4 febbraio. Ma prima di discutere la sospensiva, le Poste inviano a tutti i comuni interessati una circolare in cui comunicano di dover fare una verifica con le amministrazioni interessate, sospendendo di fatto la chiusura. Quella che poteva sembrare una buona notizia si rivela tutt'altro. All'inizio di luglio, infatti, arriva un'altra comunicazione che informa dell'imminente chiusura di tutti gli uffici postali in questione. Con tanto di data: il 3 settembre. Il legale passa l'estate a scrivere motivi aggiunti per opporsi, una sessantina di pagine per ciascuno dei 50 comuni. E in udienza, la prima di una lunga serie, ha la meglio: i giudici danno torto alle Poste e le condannano a pagare le spese legali. A febbraio accolgono definitivamente il ricorso e dichiarano illegittimo il provvedimento.

Lo stesso accade con una trentina di successivi ricorsi perché il Tar riconosce che non c'è motivo di discostarsi dal precedente orientamento. Ed è lecito pensare che non lo faranno neppure in quelli che devono essere ancora discussi.

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