Elisabetta e l'obbligo dell'imparzialità: ok immediato per preservare la Corona

Buckingham Palace è il vertice istituzionale. Il rischio di essere «tirata per la giacchetta» limitato da una decisione repentina

Elisabetta e l'obbligo dell'imparzialità: ok immediato per preservare la Corona

Londra La richiesta di prorogation del Parlamento annunciata ieri da Boris Johnson ha tirato nell'arena politica la regina Elisabetta e il ruolo dell'istituzione monarchica nell'architettura costituzionale britannica. Il principio cardine dell'azione politica dei sovrani inglesi nella storia moderna del Paese è stato quello dell'imparzialità. Il non prendere parte alle discussioni politiche, il non farsi coinvolgere nelle beghe partitiche ha consentito alla monarchia di preservarsi e di stare al passo coi tempi. In una modernità in cui non c'è spazio per re e regine, Elisabetta e i suoi predecessori hanno saputo evolversi e accreditarsi agli occhi del Regno Unito come il vertice della struttura costituzionale, il punto di unione e rappresentanza della storia delle 4 nazioni che lo compongono. L'azione di Johnson rischia di minare tutto questo e far vacillare una delle poche certezze rimaste ai cittadini britannici.

Moltissimo dell'architettura costituzionale britannica si basa sulla tradizione. Il Paese, che fa risalire la propria nascita ai re sassoni e all'invasione normanna del XI secolo considera, i precedenti come la cartina al tornasole per poter giudicare se e come qualcosa può essere fatto. L'ultima volta che il monarca ha sostituito un primo ministro senza aspettare le sue dimissioni era il 1834. Le leggi del Regno, per poter divenire efficaci, devono ricevere il Royal Assent, l'assenso reale. L'ultima volta che è stato rifiutato era il 1708, quando sul trono sedeva la regina Anna. Più di 300 anni fa, quando papa Clemente XI era a capo dello Stato della Chiesa, era in corso la guerra di successione spagnola, il doge era Alvise II Mocenigo. Ricordare la profondità della storia inglese è fondamentale per comprendere la decisione della regina Elisabetta e la velocità con cui ha acconsentito ieri stesso alla richiesta del governo. Dopo la diffusione della notizia della richiesta di prorogation sono cominciati i commenti dei costituzionalisti, le analisi degli esperti, gli strali e gli urrà dei politici: tutti a tirare per la giacchetta la sovrana, la cui stella polare è rimanere super partes, non farsi coinvolgere in alcuna scelta proprio per preservare il senso stesso dell'istituzione monarchica, cioè rappresentare la storia e l'unità del Paese. Rispettare la tradizione e accogliere la richiesta di Johnson era forse il solo modo per chiamarsi fuori: si fosse opposta, sarebbe stata accusata di schierarsi contro il leave. Acconsentendo, può forse essere accusata dagli europeisti di non far sentire il suo peso in un momento drammatico per il Paese, ma può sempre difendersi dietro lo schermo della tradizione. Alcuni gruppi repubblicani hanno subito sottolineato l'autoreferenzialità della monarchia, il cui unico fine sarebbe preservare se stessa. Ma aver deciso subito, senza ritardi, toglie ossigeno alle polemiche sul suo ruolo e lascia la politica al centro della scena.

Jeremy Corbyn e altri parlamentari di diversa estrazione avevano immediatamente chiesto colloqui privati con la regina, il suo farsi da parte lascia l'opposizione di fronte alle sue responsabilità in un momento topico della corsa verso la Brexit: se vogliono fermare Johnson hanno bisogno di unità, non della sovrana. Mancano 63 giorni.

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