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Emilia Romagna, lotta fratricida tra renziani doc

ModenaL'annuncio è arrivato da Facebook secondo i crismi della rottamazione. Matteo Richetti si candida alle primarie Pd per la guida della Regione Emilia Romagna. Anzi «ci candidiamo» dice lui esordendo con uno stile kennediano fatto di sogni da cogliere. Un plurale maiestatis che denota sicurezza o un «noi» che rimanda all'altro Matteo? Quel Renzi accusato dai renziani della prima ora di piegarsi ad un patto con Errani e Bersani: a te il governo a noi le amministrazioni rosse Calabria, Toscana ed Emilia-Romagna per il quale si stava scaldando ai box il sindaco di Imola Daniele Manca, ieri ritiratosi. Invece nel suo coming out di ieri, Renzi lo ha tirato in ballo per dire che «con Matteo ci siamo sentiti ieri (martedì, ndr ). Ha valutato la soluzione migliore per l'Emilia, ma senza ingerenze».

Ingerenze o no ieri Richetti è sceso in campo e nessuno ha dubbi sul fatto che il vertice fosse solo una benedizione elettorale che ha il sapore del sorpasso. Con l'ingresso in campo di Richetti viene bruciata non soltanto la nomenklatura del partitone rosso, ma rischia di venire un po' oscurato anche quello Stefano Bonaccini, che renziano della prima ora non era mai stato, ma che ora è il principale collaboratore del segretario nel partito. Anche Bonaccini, modenese come mister Parlamento (Richetti vanta il titolo assegnatogli dalle giornaliste parlamentari) era incerto sulla decisione, ma ieri alla Festa dell'Unità di Bologna ha ufficializzato la propria candidatura alle primarie, facendo prefigurare scenari da lotta fratricida. Dalla sua Richetti aveva la richiesta della base, che una volta leggeva l'Unità e oggi è fatta di stuoli di sindaci e assessori il più delle volte di marca ex diccì. Uno tra questi, il consigliere Beppe Pagani aveva puntato i piedi contro la candidatura di Manca e i giochi di potere che Renzi sembrava subire. Con l'ingresso di Bonaccini per Richetti la corsa si complica. A contendersi il voto degli elettori di centrosinistra il 27 settembre anche Roberto Balzani, Patrizio Bianchi, Palma Costi e Matteo Riva del Centro democratico. Questi ultimi tre con un'esperienza appena terminata in Regione. Anche Richetti in viale Aldo Moro c'era stato fino a due anni fa prima di essere spedito in Parlamento. E in un ruolo di prestigio: presidente dell'assemblea regionale. Però ieri non era il caso di spiegare ai tanti fan di Facebook che hanno cliccato sulla sua pagina che anche lui ha fatto parte fino all'altro ieri dell'ultimissima gestione Errani né i motivi del voto anticipato: la condanna in secondo grado per falso ideologico del governatore. Lo zar Vasco non lo ha neppure citato limitandosi a definire l'Emilia una delle regioni meglio amministrate d'Italia, giocando facile, ma glissando sui guai giudiziari che hanno portato il governatore a cedere la mano dopo quasi 15 anni. Ma forse anche questo fa parte dell' ars rottamandi .

Però c'è chi come il grillino Andrea Defranceschi gli ha ricordato un «presunto abuso di auto blu» e la sua maestria nell'utilizzare «la Regione ormai come la porta girevole di un hotel di provincia».

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