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"Equo compenso per i professionisti. E nella PA occhio al doppio lavoro"

Il presidente di Fondazione Inarcassa: "A rischio la qualità dei progetti. Se addetti pubblici fanno i consulenti si sfiora il conflitto di interessi"

"Equo compenso per i professionisti. E nella PA occhio al doppio lavoro"

La Fondazione Inarcassa è un ente che rappresenta ingegneri e architetti liberi professionisti e conta circa 180mila iscritti. In questi giorni sta sollecitando il nuovo governo a far propri alcuni suggerimenti che ha reso pubblici attraverso una lettera aperta che indica problemi e possibili soluzioni. «Rivolgiamo un appello perché si agisca su alcune scelte strategiche, quelle che avranno un impatto sulla nostra vita quotidiana», sostiene Franco Fietta presidente dell'organismo.

Qual è il tema più importante che segnalate all'esecutivo e alle forze politiche?

«Quello dell'equo compenso: sosteniamo che va introdotta una soglia al di sotto della quale il compenso può dirsi non equo. Il giusto compenso è garanzia di qualità delle opere».

In che senso?

«Il tema è legato ai rapporti con l'Amministrazione e cioè alle gare per progetti di lavori pubblici, scuole, strade, ponti che siano. Una realtà in cui l'offerta è tanta così che spesso i partecipanti si fanno guerra sui prezzi: ma un ribasso eccessivo ha come conseguenza una minor qualità del progetto. L'ente risparmia apparentemente, ma ottiene un risultato probabilmente meno qualificato. Noi chiediamo che ci sia un limite ai ribassi nelle gare d'appalto. Il tema dell'equo compenso, nella scorsa legislatura era stato affrontato con una proposta di legge, prima firma Meloni. Ora auspichiamo che venga ripresentata e approvata».

Qui si innesta anche un altro tema che vi sta a cuore, quello del doppio lavoro...

«Sì. Nelle amministrazioni spesso ci sono dipendenti, ingegneri e architetti, che svolgono anche attività esterna, ed è qualcosa che può sfociare nel conflitto di interessi, con vari tipi di distorsioni. Noi sosteniamo invece che deve esserci una netta linea di separazione delle competenze: i dipendenti pubblici devono occuparsi di programmazione e controllo delle opere, che è la loro specificità. Invece il progetto e la sua realizzazione, fino al collaudo, deve competere ai liberi professionisti. Questi ultimi hanno più competenze e più strumenti: tipico degli uffici pubblici, per esempio, è avere tecnologie arretrate».

Tra liberi professionisti e architetti e ingegneri della pubblica amministrazione ci sono contrasti?

«Su alcuni temi abbiamo punti di vista diversi».

Anche i temi fiscali rientrano nelle vostre proposte.

«Flat tax e sistema forfetario sono un argomento delicato. Non siamo ovviamente contrari a forme di alleggerimento fiscale, tuttavia il sistema forfetario oggi è rivolto solo ai singoli professionisti: la nostra realtà è molto frammentata, mentre l'efficienza richiede aggregazioni per favorire investimenti in tecnologie e specializzazioni. La flat tax per i singoli studi incentiva la frammentazione: lo studio medio italiano conta 1,5 occupati ed è troppo piccolo per essere efficiente. La flat tax dev'essere dunque estesa alle forme aggregate, specie nell'ottica di far crescere i giovani. E poi c'è la faccenda del gradone...»

Gradone?

«Sì quello creato tra i 65mila e i 66mila euro di reddito: superato il limite della flat tax il beneficio fiscale si annulla e il reddito netto scende significativamente».

Sui bonus edilizi cosa dite?

«Vanno rivisti cercando di trovare forme stabili e sostenibili: il 110% per esempio, è da ripensare. Continuando a investire sulla sicurezza sismica».

Oggi è carente?

«Nelle transazioni immobiliari è obbligatoria la certificazione energetica.

Sulla sicurezza sismica non c'è nulla, come se la prevenzione dei terremoti fosse meno importante della classificazione energetica».

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