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Un esercito di volontari salva dal deserto i cavalli dei pellerossa

La siccità in Arizona fa strage di equini Grazie al passaparola la scampano in 200

Un esercito di volontari salva dal deserto i cavalli dei pellerossa

Paul Lincoln si era appena alzato. Era appena spuntata l'alba in Arizona e, mentre la sua compagna Glenda indugiava ancora sotto le coperte, Paul stava sbadigliando e preparando la colazione. Mezzo assonnato, l'uomo sente dei rumori insoliti dietro casa. Apre la porta e quel che vede gli fa stropicciare gli occhi, mentre cerca di realizzare se stia ancora sognando. Più di 20 cavalli scheletriti sono immobili davanti a lui. Girano nella bocca la lingua impastata, mentre il lungo e magro collo è abbassato e la bocca cerca una qualsiasi erbaccia da mangiare.

Sono anni che Paul vive lì con Glenda e riconosce subito, in quegli animali malnutriti e disidratati, i cavalli selvaggi della Montagna Grigia nella Riserva Navajo, a nord di Flagstaff. «Ho subito pensato - ha detto Paul alla stampa - che il loro spirito gli fosse stato strappato da qualche entità maligna».

Paul chiama Glenda che ha lunga esperienza di cavalli. Anche lei si accorge del misero stato in cui versano e si mettono subito a scorrazzare per l'aia. La prima cosa in assoluto da offrirgli è l'acqua. Prendono un secchio da 20 litri e lo riempiono di acqua fresca ma, mentre alcuni bevono intensamente, alcuni altri cadono a terra morti. Troppo tardi per loro.

Di solito i cavalli selvaggi della Montagna Grigia, il regno dei Navajos, se ne stanno in alto, ma la mancanza di vegetazione e la siccità che ha colpito l'Arizona li ha costretti a scendere fino alle case più vicine, in cerca di aiuto.

La vicenda dei cavalli selvaggi nella riserva dei Navajos è stata oggetto, in passato di molte polemiche innescate dagli stessi indiani che, pur avendo un rispetto antico per il cavallo, che raggiunge la sacralità, si sono trovati a sostenere la presenza di 75.000 soggetti che consumano quotidianamente almeno 20 litri d'acqua e 10 chili di foraggio ognuno, diventando una seria minaccia per la loro economia con un costo di 200.000 dollari l'anno.

Cinque anni fa l'intervento di Robert Redford e di varie associazioni, ha fatto sì che il governo federale si impegnasse ad aiutare i Navajos nel mantenimento di un simbolo ineguagliabile del Far West.

Davanti a Paul e Glenda ora restano 15 di quei cavalli ancora vivi. Decidono di riempire d'acqua una vecchia vasca inutilizzata, perché il secchio non basta.

A questo punto quanto accade nella fattoria di Paul e Glenda comincia a viaggiare con il passaparola. Il giorno seguente, una donna porta, su una carriola, un abbeveratoio e, legata a un carretto, una balla di fieno. Un uomo, mai visto in zona, traina un grosso abbeveratoio con un trattore, lo lascia sul terreno, saluta e torna da dove è venuto. A pochi chilometri di distanza un altro gruppo di cavalli stremati, viene abbeverato e nutrito da una comunità di giovani.

«Ogni giorno - dice Glenda - qualcuno portava qualcosa di utile e ogni giorno c'era qualche cavallo in più che veniva a trovarci per bere, mangiare ed essere curato dai nostri veterinari».

Un'agenzia di comunicazioni pubblica su Facebook la vicenda degli «eroi dei cavalli della Montagna Grigia» e i post attirano l'attenzione del Wildhorse Ranch Rescue, un'associazione no profit.

Arrivano sempre più numerosi i volontari, anche da altri stati, e viene creata una base, dove avere cura dei cavalli, attorno al mulino a vento di Gray Mountain. E questa volta non ci sono Don Chisciotte e Sancho Panza a combattere, ma uomini e donne con un grande cuore e buone spalle, che salvano 200 cavalli. Sono gli eroi dei cavalli Navajos.

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