Etruria, chiesto il fallimento. Ora trema anche papà Boschi

Il procuratore di Arezzo, salvato dal Csm, annuncia: "Il vecchio istituto verso l'insolvenza, si decide l'8 febbraio". Lo spettro degli avvisi di garanzia

Etruria, chiesto il fallimento. Ora trema anche papà Boschi

Roma - La svolta nelle indagini su Banca Etruria l'annuncia al Csm il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi: «C'è una novità - dice- rispetto alla mia audizione di dicembre: il commissario liquidatore ha chiesto la dichiarazione dello stato d'insolvenza e il tribunale di Arezzo ha fissato l'udienza l'8 febbraio per decidere».Vuol dire che per gli amministratori dell'istituto toscano, a cominciare dal presidente Lorenzo Rosi e dal suo vice Pier Luigi Boschi, i comportamenti che finora non erano reati potrebbero diventarlo. E che potrebbero partire a breve avvisi di garanzia indirizzati a loro.Era stato proprio Rossi a spiegarlo alla prima commissione, il 28 dicembre. Aveva precisato che gli amministratori di Banca Etruria pesantemente criticati e sanzionati da Bankitalia, tra cui il padre del ministro Maria Elena Boschi, «non sono stati indagati solo perché la banca può tranquillamente, finché è un ente privato in bonis, utilizzare e sperperare il proprio denaro». Ma, aveva sottolineato, «è chiaro che se un domani dovesse arrivare una dichiarazione di insolvenza, allora sì che questi fatti si colorerebbero, tante cose lecite potrebbero assumere un altro rilievo». Quel domani è vicino.Nel giorno in cui a Palazzo de' Marescialli si chiude con l'archiviazione all'unanimità il caso Rossi, per la consulenza del pm con palazzo Chigi (anche se manca il definitivo ok del plenum), si apre dunque un nuovo capitolo nelle indagini sulle ragioni che hanno portato al crac di Banca Etruria e sui responsabili di quella che potrebbe essere una bancarotta fraudolenta.Rossi aveva detto al Csm di aspettare la relazione del commissario liquidatore per decidere su nuovi indagati. E proprio quello stesso 28 dicembre, mentre lui era a palazzo de' Marescialli, Giuseppe Santoni depositava il ricorso sullo stato di insolvenza, atto propedeutico alla dichiarazione che toccherà ai giudici. Da allora sono scattati i 45 giorni che, secondo la prassi, il collegio del tribunale di Arezzo ha a disposizione per riunirsi, verificare il ricorso e decidere. La riunione finale, dice ora Rossi, è stata fissata tra 3 settimane e allora tutti i fatti che riguardano la gestione della banca potrebbero assumere rilevanza penale. Se, com'è molto probabile o addirittura scontato, l'iter si concluderà con la dichiarazione dello stato di insolvenza il collegio trasmetterà gli atti al procuratore che verificherà se ci sono gli estremi per bancarotta fraudolenta o altri reati.Il titolare dei diversi filoni dell'inchiesta aretina ha annunciato anche un'altra novità: per il futuro non sarà il solo assegnatario di nuove indagini. Ha infatti creato in procura un pool per i reati economici: altri pm saranno coassegnatari delle inchieste che deriveranno dalla dichiarazione d'insolvenza e lui coordinerà. Così Rossi si mette anche al riparo da eventuali critiche o sospetti, nati appunto dalla consulenza giuridica con la presidenza del Consiglio che si è conclusa a dicembre. Il procuratore aveva inviato lunedì una lettera a Palazzo dei Marescialli, ma la commissione ha deciso di sentirlo di persona, per chiarire alcune incongruenze emerse nella precedente audizione tra le sue affermazioni e le relazioni di Bankitalia.

Rossi, infatti, aveva detto che Boschi non faceva parte del Direttorio informale di Banca Etruria, contrariamente agli ispettori di palazzo Koch. Ma ieri ha precisato che si riferiva alla gestione precedente a quella di Rosi. Quando il vicepresidente entrò, ha confermato, nel gruppo ristretto che prendeva le decisioni centrali sulla gestione della banca.

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