Nadia Muratore
Ci teneva a dire che era «un uomo che si era fatto da sé», Giovanni Perona, imprenditore di Balangero, in provincia di Torino, 91 anni, incensurato ed ora in pensione, che ha iniziato ad accumulare la sua ingente fortuna nel dopoguerra. A dargli ragione, un conto corrente da 29 milioni e mezzo di euro e un deposito con titoli per circa 91 milioni. Una ricchezza accumulata a partire dagli anni Cinquanta e sulla quale, fin da allora, si era «dimenticato» di pagare il fisco. Che però ora gli presenta il conto, per quell'ingente malloppo messo da parte in maniera sospetta.
Dopo due anni e mezzo di indagini e un sequestro, la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Torino ha firmato il provvedimento di confisca, dopo che la Guardia di Finanza ha portato alla luce un «tesoretto» di 121 milioni di euro che Perona aveva messo da parte in barba al fisco. Un'evasione lunga una vita, la sua, messa in atto per oltre mezzo secolo, durante il quale - secondo gli inquirenti - l'imprenditore fantasma, avrebbe sistematicamente commesso reati come falso in bilancio, truffa, appropriazione indebita, usura. Tutte accuse dalle quali l'uomo è stato assolto a volte è intervenuta la prescrizione a salvarlo ma che secondo gli inquirenti evidenziano una «pericolosità sociale» tale da giustificare il provvedimento di confisca dei beni.
Nelle 215 pagine del decreto, il giudice spiega come Perona abbia accumulato ricchezze, diversificando i settori nei quali operare e investire:
dall'agricoltura alla metalmeccanica. Ogni spicciolo guadagnato, veniva immediatamente trasferito all'estero, almeno fino a quando non ha usufruito dei cosiddetti scudi fiscali del 2003 e 2009 per far rientrare in Italia il denaro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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