Milano - Martina Levato non ride più. Resta distaccata, talvolta sfrontata, quasi dissociata da quanto le accade attorno. Ieri, però, è riuscita a piangere. Non per le sue vittime, ma solo quando si parlava di mamma e papà o del granitico fidanzato e compagno di «gavettoni all'acido», Alexander Boettcher per l'anagrafe. «The King», per fidanzate varie e amici.Il suo avvocato, Daniele Barelli sostiene che la ragazza «non avesse percezione dei danni che avrebbe procurato nel momento in cui ha commesso i fatti». Forse l'unica considerazione in piccola parte condivisa dall'accusa. Nel processo a porte chiuse, il pm Marcello Musso aveva appena finito di puntualizzare come gli imputati avessero dimostrato «una grave mancanza di percezione del grave disvalore delle condotte poste in essere in danno delle vittime; entrambe circostanze - secondo l'accusa - che rendono concreto e grave il pericolo di ulteriori comportamenti delittuosi».La requisitoria di Musso, per il resto smonta ogni «attenuante». «Martina è una manipolatrice della verità: ha fatto di tutto pur di tenere fuori Boettcher»; «la giovane si è dimostrata «menzognera e mendace fin da subito»; «false le sue lacrime», incalza il procuratore.In aula manca il bell'Alexander, lui ha scelto il rito ordinario, quello che in caso di pena non prevede sconti. È già stato condannato a 14 anni insieme all'amante che oggi è la madre di suo figlio Achille (nato mentre lei era già reclusa), ma ieri davanti al gup di Milano Roberto Arnaldi, accanto a Martina sedeva il bancario Andrea Magnani, il terzo complice, l'ultimo ad assere catturato. Lui e l'ex bocconiana devono rispondere delle aggressioni con l'acido ai danni di Giuliano Carparelli, il fotografo miracolosamente scampato al vetriolo, e Stefano Savi, studente della Bicocca che mai aveva conosciuto né Martina né Alex. Destino tanto tremendo quanto beffardo il suo. Fu colpito per uno scambio di persona: somigliava troppo a Carparelli, vero obbiettivo perché «colpevole» di un fugace amore con la ragazza. La vittima innocente, invece, è rimasta sfigurata.Davanti al gup nei giorni scorsi si cercava di definire i ruoli della coppia diabolica e dell'anomalo complice Magnani. La Levato, in una delle sue tante discordanti versioni lo aveva definito «uno che stava in una gang... associazioni di volontariato che aiutavano le persone in difficoltà, ma lo facevano anche usando la violenza, facendo specie di spedizioni punitive diciamo, erano delle squadre che si allenavano in alcune palestre comunali». Le attività e gli allenamenti di Magnani, secondo Martina, erano sempre finalizzati, tra l'altro, ad «andare a combattere in Ucraina come legionario straniero». E in questo contesto, ha aggiunto «avevo percepito che lui poteva aiutarmi sicuramente, perché aveva questa tipologia di passione così particolare e anche incentrate sulla violenza».Sul suo Alexander, invece, mai una parola. Se non per dire: «Non c'entra».
Alla fine l'accusa ieri ha chiesto 30 anni di carcere per questa ragazza che, con la riduzione di un terzo della pena prevista dal rito abbreviato, diventerebbero 20. Per il bancario violento (o plagiato), in virtù della sua collaborazione, «solo» 21. Manca il risarcimento: la vita rovinata di Savi, per i suoi legali, vale 6 milioni e mezzo di euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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