"Falsità sulla riforma. Altra invasione dei pm nel campo politico"

Il capo dei penalisti: "Un bene aver superato il testo Bonafede. Ma ora arrivano i problemi"

"Falsità sulla riforma. Altra invasione dei pm nel campo politico"

«Se abbia vinto il partito dei giudici non lo so - dice Gian Domenico Caiazza - perché la loro vera intenzione era di fare saltare in blocco la riforma Cartabia: di cui, oltre al capitolo prescrizione, soffrono anche altre innovazioni, come l'indicazione parlamentare delle priorità dei reati da perseguire. Quello che è certo che ci siamo trovati davanti all'ennesimo, fortissimo e indebito condizionamento della politica da parte della magistratura. Siamo abituati, ma in questo caso è stato superato il limite della decenza».

Caiazza è a capo dell'Unione delle camere penali, l'organismo che raggruppa i penalisti di tutta Italia. Non è mai stato tenero con lo strapotere delle toghe, ma davanti al trattamento che la magistratura organizzata ha riservato al progetto di riforma firmato da Marta Cartabia si mostra addirittura scandalizzato.

Professore, perché è così arrabbiato?

«Fin quando certe cose le dice un politico che non capisce niente è un conto. Ma loro sono magistrati, e nessuno meglio di loro sa che gli argomenti usati in questi giorni sono un cumulo di falsità. Hanno osato dire che con il testo proposto dal governo sarebbero usciti mafiosi e narcotrafficanti, quando tutti sanno che quelli sono gli unici processi che si fanno in fretta, perché altrimenti scadono i termini di custodia in carcere: e nessun giudice vuole essere accusato di aver fatto liberare un mafioso. Hanno usato in modo scorretto un argomento lontano dalla realtà».

Ciò premesso, la riforma Cartabia le piace?

«É un passo avanti, perché supera in blocco quell'obbrobrio che era la riforma firmata dal ministro procedente, l'avvocato Bonafede».

Ai pm il progetto Bonafede piaceva.

«Perché ragionano ancora come se la prescrizione fosse quella di vent'anni fa, quando ammetto che qualche spazio per tirare in lungo i processi c'era. Ma già adesso se io ho un incidente andando in udienza mi danno il rinvio, ma la prescrizione si ferma. Di che stiamo parlando?».

Il sistema della improcedibilità se l'appello non si fa entro due anni la convince?

«Nel testo originario varato dalla commissione ministeriale questa idea non c'era. Non so cosa sia successo in consiglio dei ministri, immagino che l'abbiano tirata fuori i 5 Stelle. È uno strumento tecnicamente discutibile, che porterà di sicuro una serie di criticità, però comunque sancisce un principio fondamentale, e cioè che i processi ordinari, dove di mezzo non ci sono reati da mafiosi o terroristi, vanno celebrati in due anni. Adesso diano i mezzi e i magistrati per poterlo fare, ma intanto è un successo. E sa qual è la cosa divertente? Che il risultato è ancora più stringente della riforma del ministro Andrea Orlando, quella che i 5 Stelle volevano cancellare. Si sono dati la zappa sui piedi, per pura insipienza. Quando il dottor Gratteri dice che a questo punto conveniva tornare alla situazione precedente alla riforma Bonafede lo capisco. Ma questo accade quando davanti ai problemi si sventolano bandierine retoriche che nulla hanno a che fare con la realtà. Si è detto che sarebbero usciti migliaia di boss. Secondo me migliaia di boss non esistono neanche».

Per cui alla fine possiamo dire che è finita bene?

«Aspettiamo. I problemi cominciano adesso. Perché il vero problema, la vera testa d'ariete del condizionamento della magistratura sulla politica è la presenza massiccia, direi l'occupazione militare del ministero della Giustizia da parte dei magistrati distaccati nei suoi uffici. Sono loro a scrivere gli emendamenti, i sub-emendamenti, i commi, sono loro gli autori degli interventi più insidiosi. Il ministro spesso non può rendersene neanche conto, perché questi passaggi gli sfuggono.

Un ministero ostaggio dei magistrati è una anomalia mondiale. Se i magistrati non riescono a fermare una legge con i loro proclami, la neutralizzano al momento di scriverla. Se vogliamo cambiare davvero le cose, bisogna togliere i magistrati da lì».

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