Politica

Fassina e Renzi, storia di un amore mai nato

Dalle critiche alle politiche del governo a quelle all'Unità, l'ex esponente della minoranza non ha mai sopportato Renzi che circa un anno fa lo aveva liquidato con il celebre: "Fassina chi?"

Fassina e Renzi, storia di un amore mai nato

"Renzi non è un usurpatore del Pd, è l'interprete più abile della subalternità della sinistra". Non va certo per il leggero Stefano Fassina, parlando nel corso dell'assemblea 'Scuola, lavoro, democrazia’, organizzata con gli ex democratici che hanno abbandonato il Pd, esponenti di Sel e della sinistra radicale.

Secondo Fassina “il Pd vuole essere il partito degli interessi più forti, di Marchionne, del partito degli affari, del Lingotto" e sulla scuola si è consumato lo strappo definitivo che ha confermato il suo “riposizionamento dalla parte degli interessi più forti, garante dell'ordine teutonico dell'eurozona". A meno di 24 ore dal referendum greco Fassina ha solidarizzato con i giornalisti dell’Unità perché “tanti di loro si sono sentiti in grande difficoltà per il titolo che il loro giornale ha fatto oggi sulla Grecia ("Grecia: tasche vuote, arsenali pieni", ndr)”.

“La libertà di stampa è sacra - ha proseguito l’ex Pd - ma almeno nel rispetto delle libertà si tolga dal giornale la dicitura 'fondato da Antonio Gramsci' “. Quel titolo, per Fassina, è “cinico” e “manifesta il distacco dalla sofferenza di milioni di uomini” perché “si può avere una posizione diversa ma non ribaltare la realtà”. Pieno sostegno, dunque, a Syriza e a Tsipras che “hanno ridato senso alla democrazia” e “hanno rimesso in campo l'interesse nazionale di un paese periferico in un quadro dominato dall'interesse nazionale della Germania".

Quella sulla Grecia è solo l’ultima divisione in ordine di tempo tra l’ex esponente della minoranza e il premier che non si sono mai amati. È diventata ormai celebre la domanda retorica “Fassina chi?” con cui Renzi, nel corso di una conferenza stampa, aveva liquidato il tema dei dissidi con l’ex compagno di partito che, dopo quella “sparata”, si dimise da viceministro dell’Economia. Era inevitabile che tra i due finisse con l’abbandono di Fassina che già quando si votò il Jobs Act accusò Renzi di aver attuato “l'agenda economica della Troika con una fedeltà che, sono certo, il professor Monti invidierà''. “Dopo essere arrivato sulle posizioni di Ichino – disse a Repubblica - ora ha raggiunto Sacconi che, a questo punto, può entrare nel Pd di Renzi''. L’accusa di attuare politiche di destra è quella preferita da Fassina che ha sempre paragonato il ddl sulla Buona Scuola a quello presentato nei governi Berlusconi dalla forzista Valentina Aprea. Non si contano, poi, le bordate lanciate contro il Patto del Nazareno e l’idea renziana di fare del Pd “il partito della Nazione”.

Due mondi opposti, quelli di Fassina e di Renzi, che da oggi prendono definitivamente due strade diverse che difficilmente si incroceranno nuovamente.

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