Coronavirus

Fauci e l'obbligo di mascherine al chiuso. Un'attenzione verso i non immunizzati

L'immunologo più famoso d'America avverte: "Serve proteggersi: se il virus continuerà a circolare e a mutare saremmo senza difese".

Fauci e l'obbligo di mascherine al chiuso. Un'attenzione verso i non immunizzati

L'addio alle protezioni era stato salutato come un gesto di libertà e superamento della pandemia appena due mesi fa. Ora gli Stati Uniti devono far i conti con la variante Delta e il richiamo a indossare di nuovo la mascherina al chiuso nelle aree a forte e alta trasmissione anche per le persone vaccinate. E il presidente Joe Biden («Gli esperti avvertono che il numero dei casi salirà ancora») ha stabilito che su tutto il territorio nazionale i dipendenti federali non vaccinati dovranno indossare sempre le maschere e sottoporsi a test regolari, mentre il giorno della vaccinazione saranno regolarmente pagati.
Nell'aggiornamento delle linee guida, i Centers for Disease Control and Prevention hanno aggiunto anche la raccomandazione per i vaccinati di fare un tampone entro 3-5 giorni, se a contatto con un paziente Covid, e di portare la mascherina al chiuso per insegnanti, personale e studenti indipendentemente dalla vaccinazione. Ma soprattutto la frase che ha lasciato perplesso più di qualcuno è stata pronunciata da uno degli scienziati di riferimento mondiale, Anthony Fauci: «La variante Delta è totalmente dominante negli Usa. Il quadro è completamente cambiato: il livello di coronavirus nei vaccinati che si infettano, un evento più raro che può verificarsi, è esattamente lo stesso rispetto al livello di virus nelle persone non vaccinate», che vengono contagiate. In realtà la raccomandazione è un'attenzione soprattutto nei confronti di chi non è vaccinato, poiché come ribadito dallo stesso immunologo «è improbabile che una persona vaccinata, seppur positiva, vada in ospedale o muoia. Ma se un vaccinato si infetta, può trasmettere il virus a persone fragili o a bambini non vaccinati».
E infatti la richiesta di rimettere le mascherine è proprio per le zone a rischio del Paese che, al momento, interessano il 71% della popolazione. La variante Delta è fino ai 6-8 volte più contagiosa dell'Alfa, la quale, a sua volta, lo era almeno del 50% rispetto al ceppo iniziale del coronavirus. «La scienza è qualcosa in evoluzione», ha detto alla Cnn il dottor Vivek Murthy, responsabile del Dipartimento di Sanità. «La gente non si rende conto di una cosa. Diamo al virus la chance di variare ancora di più e rischiamo una variante peggiore della Delta, che nemmeno i vaccinati potrebbero gestire». Dunque nessuna retromarcia sull'efficacia dei vaccini ma solo ulteriore attenzione verso chi vaccinato non è. Anche perché, come sottolineato da Sergio Abrignani, docente di Immunologia all'università statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts), per una persona che ha fatto il ciclo completo il rischio «di infettarsi è bassissima, fino a cento volte inferiore» rispetto a chi non è vaccinato. «Sappiamo da alcuni studi fatti in Gran Bretagna e Israele che un vaccinato può infettarsi, ma molto molto meno» e si ammala «in forma molto più lieve». E anche per quanto riguarda il rischio di contagio è comunque largamente inferiore.
Quindi da una parte rimane confermata fino al 90% la protezione con la vaccinazione completa, dall'altra torna insistente la proposta della terza dose, come farà Israele da domenica prossima per gli over 60, dopo almeno cinque mesi dall'ultima iniezione. Per adesso gli Usa puntano a vaccinare totalmente l'altra metà della popolazione (sono fermi al 49,3% in doppia dose) e tramite la dottoressa Rochelle Walensky, direttrice dei Cdc, affermano che «le persone non hanno bisogno di uscire e farsi un'iniezione di richiamo». Tuttavia il dibattito non si ferma anche alla luce di un nuovo studio internazionale su 44mila volontari, ancora preprint su MedRxiv, cioè non rivisto da esperti indipendenti, secondo cui la protezione del vaccino Pfizer scende all'84% a 6 mesi dalla seconda dose e poi del 6% ogni due mesi.

È confermata oltre il 95% la protezione contro i casi gravi.

Commenti