
Nell'agenda del nuovo pontificato non c'è solo la questione mediorientale e la guerra in Ucraina. I rapporti con la Cina hanno segnato i giorni delle congregazioni generali e potrebbero aver condizionato in qualche modo l'esito del conclave, indebolendo la candidatura del cardinale favorito Pietro Parolin. Il segretario di Stato, infatti, ha legato il suo nome alla firma dell'accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi con Pechino che ha fatto storcere il naso a molti cardinali asiatici e occidentali. L'elezione di uno statunitense rende interessante l'evoluzione degli sviluppi delle relazioni sino-vaticane dopo il pontificato "amico" del sudamericano Bergoglio.
Prevost e la Cina
Così come sul conflitto israelo-palestinese, prima dell'8 maggio non risultano dichiarazioni pubbliche di Robert Francis Prevost sull'accordo provvisorio sui vescovi e più in generale sulla libertà religiosa in Cina. Il cardinale Stephen Chow Sau-yan, vescovo di Hong Kong, pur ammettendo di non conoscerlo molto ha però svelato che Prevost ha visitato più volte il Paese asiatico. Chow ha regalato a Leone XIV una statua della Madonna di Sheshan, venerata in un santuario mariano vicino a Shanghai. Lo scopo del dono è proprio quello di ricordare al nuovo Papa la Chiesa in Cina. Qualche anno fa un reporta del Financial Times aveva scritto che nel giro di un decennio il Paese del Dragone potrebbe diventare quello con il più alto numero di cristiani al mondo. Questo spiega l'importanza del dossier Cina per la Chiesa cattolica e per il nuovo Papa che vuole dare slancio alla nuova evangelizzazione. La sua elezione, in ogni caso, è stata accolta con parole non ostili da Pechino. Il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian ha infatti dichiarato: "La speranza, sotto la guida del nuovo Papa, è che la Santa Sede continui a impegnarsi in un dialogo costruttivo con la Cina e a condurre una comunicazione approfondita su questioni internazionali di reciproco interesse".
La prima nomina
Lo scorso 11 giugno da Leone XIV è arrivata la prima nomina di un vescovo cinese che poi è stata approvata anche dalle autorità civili. Monsignor Giuseppe Lin Yuntuan è stato nominato vescovo ausiliare di Fuzhou dal Papa e poi riconosciuto anche dall'ordinamento civile. Durante la sede vacante la Repubblica popolare aveva unilateralmente comunicato l'elezione di Wu Jianlin ad ausiliare di Shangai e Li Jianlin a vescovo di Xixiang. Un'anomalia perché è il Papa che nomina i vescovi e in quel momento non c'era. Ora che Leone XIV è stato eletto dovrà affrontare la vicenda di questi due prelati e si vedrò se avallerà o meno la decisione di Pechino. Quel che è certo è che l'americano Prevost, originario di un Paese che sente fortemente il tema della libertà religiosa, è consapevole dell'esistenza di forti mal di pancia all'interno del collegio cardinalizio in relazione alla politica di favore adoperata dalla Santa Sede in questi dodici anni verso il governo comunista. La questione non è emersa solo nelle congregazioni generali, ma anche nel primo incontro coi cardinali dopo l'elezione.
L'aspetto giuridico
La vicenda di Wu Jianlin e Li Jianlin è emblematica delle sfide che l'accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi sta ponendo sia ai decisori che agli studiosi. L'interesse non è più unilaterale come testimonia la recente uscita della prima collana scientifica cinese su diritto canonico e diritto ecclesiastico. Il volume Canon Law & China Law edito a Hong Kong è stato curato dai professori Liu Peng dell’Istituto Pu Shi per le Scienze Sociali di Pechino e dall'italiano Stefano Testa Bappenheim dell’università di Camerino. Come si trova nell'introduzione del lavoro, l'assenza di studiosi cinesi di diritto ecclesiastico e canonico nelle università nostrane dal lontano 1978 ha fatto sì che "la comunità intellettuale cinese ha prestato un'attenzione relativamente scarsa al diritto ecclesiastico e al diritto canonico, quindi i malintesi sono molto comuni" influendo di conseguenza sulla "normalizzazione delle relazioni tra Cina e Santa Sede". Insomma, in Cina non si hanno sufficienti nozioni sulla dimensione giuridica della Chiesa e questo difficilmente può essere stato un elemento estraneo ai problemi nell'applicazione dell'accordo sui vescovi. Nella novità editoriale si guarda così ai precedenti del passato, quando esisteva ancora la cortina di ferro, come nel contributo dello stesso Testa Bappenheim su "I rapporti tra la Santa Sede e la Polonia dopo la Seconda Guerra Mondiale" e poi la fondamentale distinzione tra Chiesa cattolica e Santa Sede affrontata dalla professoressa Maria d’Arienzo.
L'approfondimento da parte del mondo accademico cinese potrebbe indurre le autorità civili ad evitare forzature come quella vista durante la sede vacante con l'ufficializzazione unilaterale di due vescovi? Sarebbe senz'altro d'aiuto per il compito difficile del primo Papa statunitense chiamato a gestire i rapporti con la Cina comunista.