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Quel fax perduto e il "plotone di esecuzione" armi della difesa verso la revisione

I ritardi della Corte Ue non hanno permesso di ascoltare il giudice Franco, ora scomparso. Gli scenari in caso di verdetto favorevole

Quel fax perduto e il "plotone di esecuzione" armi della difesa verso la revisione

Non è vero che non è mai troppo tardi. Perché se la Corte europea dei diritti dell'Uomo avesse deciso di affrontare il caso Berlusconi un po' più celermente, avrebbe avuto uno strumento cruciale per capire cosa davvero accadde quando il Cavaliere fu condannato a due anni di carcere: uno strumento che oggi non ha più. Fu nel 2016, dopo tre anni dalla condanna del leader di Forza Italia per i diritti tv, che i suoi legali decisero di integrare il ricorso alla Corte con un documento inedito: la trascrizione dell'incontro di Berlusconi con Amedeo Franco, uno dei giudici di Cassazione che lo avevano condannato, che spiegava di avere fatto parte suo malgrado di un «plotone d'esecuzione», capitanato dal collega Antonio Esposito, deciso a liberare l'Italia dal Caimano per via giudiziaria.

Se i giudici di Strasburgo si fossero mossi allora potevano convocare Franco, ascoltare dalla sua viva voce il racconto della camera di consiglio in cui secondo lui si era formalizzata una decisione già presa prima e fuori di essa. Ora Franco è morto. Contro di lui, sulla sua scelta di confidare tutto a Berlusconi, fioccano insulti da cui non può difendersi. E la Corte europea dovrà basarsi solo sulle sue registrazioni. Ma avrà anche sul tavolo gli elementi di fatto che quelle confidenze confermano: a partire dalla anomalia della assegnazione del fascicolo Berlusconi proprio alla sezione feriale presieduta da Esposito.

Forse non è un caso che solo dall'estate scorsa, quando la storia dell'audio di Amedeo Franco è divenuta di pubblico dominio, che la Corte sia uscita da un letargo durato anni, decidendo di affrontare il caso (non irrilevante, comunque la si guardi) di un leader politico che affermava di essere stato cacciato dal potere per via giudiziaria. Ora, comunque, la questione è aperta, con le prima delle due domande che la Cedu rivolge all'Italia, sulla «attribuzione dell'affare alla sezione feriale della Cassazione». Seconda domanda: Esposito era un giudice imparziale, «tenuto conto delle dichiarazioni rilasciate alla stampa poco dopo la lettura del dispositivo e prima del deposito delle motivazioni»?

C'è dell'altro, nelle spiegazioni che l'Italia dovrà dare alla Corte per rivendicare la legittimità della condanna di Berlusconi. A partire dal ruolo di Edoardo D'Avossa, il giudice milanese che pronunciò la sentenza di primo grado mentre presiedeva da tempo un altro tribunale, e di cui Strasburgo vorrebbe sapere se «esercitò le sue funzioni fuori dai termini previsti dal Consiglio superiore della magistratura». O le tappe forzate imposte al processo d'appello dal giudice Alessandra Galli, che in cinque occasioni decise di celebrare le udienze nonostante i certificati medici dell'imputato.

Aspetti importanti ma marginali, rispetto a quello che si annuncia come il clou della questione, l'approdo del fascicolo inviato da Milano alla Cassazione, nel luglio 2013, e affidato dai vertici alla sezione presieduta di Esposito. È qui che le confidenze del giudice Franco a Berlusconi hanno trovato i maggiori riscontri. Il fascicolo milanese indicava nella copertina come data di prescrizione dei reati l'1 agosto, che portò all'assegnazione alla sezione feriale. Poco dopo però i giudici milanesi si accorgono dell'errore di calcolo, avvisano con un fax la Cassazione che c'è tempo fino al 14 settembre, il processo può andare alla seconda sezione: che in passato ha assolto gli imputati di reati analoghi, e altri ne assolverà in seguito. Ma una manina provvidenziale fa sì che il fax si perda per quattro giorni tra le cancellerie della Suprema Corte. Quando arriva a destinazione, è troppo tardi per togliere il fascicolo a Esposito. Quanto questo sia compatibile con il principio del «giudice stabilito per legge» sancito dalla Convenzione dei diritti dell'Uomo, dovrà deciderlo ora la Corte. Una condanna dell'Italia non avrebbe come effetto diretto l'annullamento della condanna di Berlusconi, peraltro già scontata e cancellata dalla riabilitazione. Ma aprirebbe le porte alla richiesta di revisione del processo avanzata nei mesi scorsi dai difensori del Cavaliere.

È una istanza i cui contenuti non sono noti ma che conterrebbero elementi nuovi, ancora più espliciti di quelli ora all'esame di Strasburgo.

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