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La figuraccia di Alfano con Lupi e Berlusconi dopo aver chiesto aiuto

Il ministro chiede al capogruppo Ap di mediare con il Cav sulle elezioni in due giorni. Ma Renzi cambia idea e Angelino resta col cerino in mano

La figuraccia di Alfano con Lupi e Berlusconi dopo aver chiesto aiuto

Il caso è ormai archiviato e la retromarcia resta. Così come la figuraccia, su cui ha messo la faccia il solo Angelino Alfano. È stato il ministro dell'Interno, infatti, ad annunciare che si sarebbe votato anche di lunedì, un'uscita non certo estemporanea ma concordata direttamente con Matteo Renzi, tanto che nelle ore successive Palazzo Chigi faceva sapere che il premier era «d'accordo». Poi l'improvvisa inversione di rotta, con il leader di Ncd che è rimasto con il cerino in mano. E con un battibecco tra Alfano e il suo collega e amico Maurizio Lupi come strascico.

Ma andiamo con ordine. Quando lunedì mattina Renzi capisce che sul votare anche il lunedì si sta saldando una solida fronda dalla minoranza dem a chi, come Enrico Letta che conquista il titolo di apertura di Repubblica, sostiene che sia un inutile sperpero di denaro pubblico decide che il gioco non vale la candela. Probabilmente non tanto perché davvero si convince sia meglio privilegiare i risparmi dovuti all'election day, quanto perché capisce che difficilmente il lodo del lunedì si potrà applicare anche al referendum di ottobre. È questa, infatti, la vera partita su cui è concentrato il premier e tenere aperta le urne un giorno in più sarebbe un toccasana per l'affluenza e, dicono i sondaggisti, anche per la vittoria del «Sì». Il problema, però, è che per il referendum sulle trivelle si è votato solo di domenica e la disparità tra le due consultazioni avrebbero fatto notare anche dal Quirinale non sarebbe spiegabile. Così, vista l'aria, il leader del Pd torna sui suoi passi.

Con Alfano, però, Renzi scarica la colpa su Renato Brunetta, il quale con i suoi toni piuttosto tranchant aveva applaudito all'idea di votare anche lunedì ma accusando il premier di aver fatto «una retromarcia» dettata dalla «paura». Il ministro dell'Interno capisce che il rischio di essere smentito da Renzi è dietro l'angolo e tentata il tutto per tutto. Chiama Maurizio Lupi e lo prega di contattare Silvio Berlusconi invitandolo a mettere una toppa alle parole del capogruppo di Forza Italia alla Camera. Lupi, che con l'ex premier è in buoni rapporti al punto che Berlusconi aveva anche ipotizzato una sua candidatura a sindaco di Milano, esegue e qualche ora dopo le agenzie battono un comunicato in cui il leader azzurro dice che «sarebbe saggio far votare anche di lunedì per consentire una maggiore partecipazione».

Una presa di posizione inutile, perché Renzi ha già deciso per la retromarcia, tanto che il decreto ad hoc è uscito dall'ordine del giorno del Consiglio dei ministri diverse ore prima. Si vota solo domenica. Con buona pace di Alfano. E pure di Lupi che pare non abbia affatto gradito di essere messo in mezzo alla querelle elettorale con Renzi.

Nella quale ha inconsapevolmente trascinato lo stesso Berlusconi.

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