Roma - Prima la legge elettorale, poi la legge di Bilancio, infine lo ius soli: per la maggioranza, in Senato, si aprono mesi di passione. Numeri in bilico, fiducie a ripetizione, clima teso. Una montagna da scalare a fine legislatura.
Eppure, tra Palazzo Chigi e il gruppo Pd, si respira un'aria di cauto ottimismo, e la convinzione che - seppure con molta prudenza, perchè l'incidente è sempre in agguato - la possibilità di portare a casa un notevole en plein sia a portata di mano: dare al paese una nuova legge elettorale, «che non sarà quella dei nostri sogni, ma è pur sempre infinitamente meglio del pasticcio Consultellum», come dice il senatore dem Francesco Russo; varare una Finanziaria organica e senza troppi cedimenti e infine, ciliegina sulla torta, approvare anche la legge sulla cittadinanza, con il voto non solo degli alfaniani ma anche di Verdini. Togliendosi la soddisfazione di dare uno schiaffo morale a tutto quel mondo del sinistrismo da salotto, Repubblica in testa, che ora accusa il governo di ogni nefandezza per aver posto la fiducia sul Rosatellum.
Certo, il percorso sarà lungo e irto di ostacoli, come sempre in un Senato nel quale, da inizio legislatura, non c'è stata nessuna maggioranza predefinita. «Ma poco tempo fa abbiamo fatto le prove generali, con la nota di variazione del Def, e abbiamo visto che i numeri ci sono, nonostante lo strappo di Mdp. Che ha dovuto constatare la propria irrilevanza», sottolinea il vicepresidente dei senatori Pd Alessandro Maran. Il 4 ottobre scorso i pasdaran dalemiani di Mdp uscirono dall'aula per non votare con la maggioranza. E il governo incassò ugualmente 164 voti, tre più della maggioranza assoluta, grazie all'apporto dei senatori di Ala e di quelli vicini a Giuliano Pisapia.
Sulla finanziaria, lo schema di gioco sarà lo stesso. Finora la linea di Mdp è «valuteremo caso per caso come votare», il che lascia intendere che si stiano preparando ad una trattativa logorante per dare il loro assenso in cambio di bandierine da piantare. Ma secondo quel che trapela dal governo, non ci sarà nessuna ricerca di mediazione con gli scissionisti ora in rotta di collisione con Gentiloni, nessuna concessione ai desiderata della sinistra bersaniana per recuperare i loro voti: «Non staremo lì ad inseguirli, rinunciando a pezzetti di una linea riformista per convincerli a votare», confida un esponente del governo. I voti di verdiniani e sinistra di Pisapia sono più che sufficienti a compensare la defezione. Certo, nelle commissioni il cammino della legge di Bilancio sarà accidentato e di complessa gestione, ma «la determinazione è forte», spiegano da Palazzo Chigi.
E con ogni probabilità alla fine arriverà il voto di fiducia a tagliare la testa al toro. E nei progetti del governo, una volta incassato il primo via libera alla legge di Bilancio che passerà alla Camera, si proverà a mettere a segno l'ultimo colpo della legislatura, con l'approvazione dello ius soli.
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