Finanziavano i jihadisti con gli sbarchi

I 14 arrestati hanno trasferito due milioni incassati con l'immigrazione ad Al Nusra

Finanziavano i jihadisti con gli sbarchi

Sono 14 le persone arrestate ieri nell'ambito di due vaste operazioni antiterrorismo portate avanti dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato su coordinamento della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. I soggetti fermati facevano parte di un sodalizio che supportava gruppi di combattenti di matrice integralista islamica che operava in Siria, ma anche di realtà che favorivano l'immigrazione clandestina. Sono stati gli uomini delle Fiamme Gialle, grazie a un lavoro portato avanti dal 2015 e partito da un'analisi sui flussi finanziari, a individuare 10 soggetti siriani che avevano costituito un'associazione per delinquere a carattere transnazionale finalizzata al riciclaggio e all'attività abusiva di erogazione dei servizi di pagamento in diversi Paesi dell'Unione europea (Italia, Svezia e Ungheria) ed extraeuropei (Turchia).

A due di loro è stato contestato anche il reato di finanziamento del terrorismo. Le indagini, condotte dagli uomini dello Scico di Roma e del comando provinciale della Guardia di finanza di Brescia, sono partite anche dall'esame dei movimenti finanziari attraverso il circuito dei money transfer in Paesi a rischio. Sotto attenzione, peraltro, vi sono anche soggetti segnalati dal Comitato analisi strategica antiterrorismo e che fanno parte della lista dei foreign fighters conosciuti e individuabili all'interno delle comunità islamiche di Como e Lecco. I soggetti, che operavano in Brianza, favorivano l'immigrazione clandestina verso l'Europa e raccoglievano somme che poi venivano trasferite attraverso il sistema «Hawala» anche grazie a contatti all'estero. Si parla di un giro di denaro che ha raggiunto i 2 milioni di euro. Soldi che poi finivano nella macchina del riciclaggio o che servivano a finanziare il terrorismo internazionale. Le intercettazioni sono state originariamente disposte nei confronti di Shadad Mulham, detto Abu Omar, e da lì a un altro soggetto, operante «all'interno della comunità siriana di Erba», Awar Daadoue, conosciuto come Abou Murad, residente in Svezia, che era la mente che operava sul trasferimento di ingenti somme di denaro. Al caso hanno lavorato anche i servizi italiani dell'Aisi.

L'indagine della Gdf è connessa con una seconda operazione, portata avanti dal Servizio Contrasto del Terrorismo Esterno della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione della Polizia di Stato che, in Sardegna, ha portato la Digos di Sassari ad individuare quattro militanti di origine siriana e marocchina accusati di far parte di una cellula. I quattro sono stati fermati con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo, finanziamento del terrorismo e intermediazione finanziaria abusiva.

Il comandante della Gdf, generale Giorgio Toschi, ha parlato della «centralità attribuita dalla normativa europea e nazionale alla valutazione del rischio, diretto a identificare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo».

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