
Roma - Come era già successo per la legge di Bilancio, tornano i tre governi. Tre linee, ispirate a principi diversi, che si sono concretizzate in ricette non sempre compatibili. Se non altro perché le risorse sono limitate.
C'è il decreto del ministro dell'Economia Giovanni Tria che mira a fare ripartire l'economia seguendo le indicazioni del mondo delle imprese, la ricetta dei cinque stelle, che punta su un taglio del cuneo fiscale e uno sblocca cantieri concepito da chi non ama le grandi opere pubbliche. Poi la ricetta fiscale della Lega di Matteo Salvini.
Il Carroccio torna alla Carica con la flat tax. Accantonata nella versione originaria, che faceva parte del programma elettorale del centrodestra alle politiche del 2018. Trasformata in una versione mini con la ultima legge di bilancio. In sintesi, un'estensione del regime fiscale agevolato speciale per le partite Iva. Ma non abbandonato, come sta sottolineando a più riprese il sottosegretario alle infrastrutture leghista Armando Siri.
Il suo progetto consiste in una aliquota unica al 15% da applicare al reddito familiare fino a 50 mila euro. Poi delle deduzioni che aumentano con il numero dei figli e seguono una progressione basata sul reddito, che si azzera vicino alla soglia dei 50 mila euro. Costo, 10-15 miliardi di euro.
Ma proprio ieri è emerso uno studio del ministero dell'Economia, che mette in guardia sui costi della flat tax. La simulazione di via XX settembre si basa su una ipotesi di riforma fiscale un po' diversa rispetto a quella prospettata da Siri. Due aliquote (15% e 20%) con la soglia della prima fissata a 80 mila euro. Deduzioni di 2.000 per ogni figlio. In questi termini costerebbe 59,3 miliardi di euro.
La simulazione del ministero dell'Economia risale agli inizi di febbraio, ma ieri è stata rilanciata da fonti interne al dicastero e ha animato il dibattito nel governo.
«Non so se esiste uno studio perché non l'ho mai visto ma se anche esistesse non può riferirsi alla nostra proposta di Flat Tax Fase II che ha un'incidenza di circa 12 miliardi e si riferisce ad un intervento di riduzione dell'imposta per tutte le famiglie fino a 50 mila euro di reddito», ha spiegato lo stesso Siri. Lo studio, insomma, è antecedente all'ultima versione della flat tax messa a punto dalla Lega.
È entrato nel dibattito anche il vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio: «Troveremo una soluzione insieme alla Lega, come abbiamo sempre fatto. Sono molto fiducioso. Noi come M5S abbiamo lavorato a una riduzione degli scaglioni e della pressione fiscale attraverso il coefficiente familiare e in questo senso si individuerà un punto di incontro, ne sono certo. L'importante è non fare facili promesse alla Berlusconi». In altre parole niente flat tax delle origini. Sul fisco il governo dovrà trovare un compromesso, non facilissimo.
Per mercoledì è prevista la discussione al consiglio dei ministri del pacchetto di misure voluto dal ministro dell'Economia Giovanni Tria. C'è il ritorno del superammoramento per le imprese che è in scadenza e un rafforzamento della legge Sabatini, cioè degli incentivi per gli acquisti di beni strumentali da parte delle aziende. Poi credito di imposta più alto per ricerca e sviluppo, un alleggerimento della burocrazia per le gare di appalto. Misure ispirate dal mondo delle imprese, che non ha risparmiato critiche al governo. Tria su questo fronte non avrà difficoltà a convincere la Lega di Matteo Salvini, sempre che i rapporti non si raffreddino dopo l'uscita sulla flat Tax. Poi ci sono le ricette dei M5s, che puntano al taglio del cuneo fiscale. Poi a uno sblocca cantieri depotenziato. In particolare con norme «contro il consumo del suolo pubblico».
Come per la legge di Bilancio 2019, accontentare tutti significa fare passare versioni depotenziate delle misure. Anche perché le risorse sono scarsissime.
È tornata a circolare con forza l'ipotesi, riportata dal Giornale il 6 febbraio, di un Def dimezzato, con il solo quadro
tendenziale, quindi senza nessun riferimento alle scelte che farà il governo con la legge di Bilancio 2020. Un rischio. «Provocherebbe un nuovo scontro con la Commissione Europea», ha commentato Renato Brunetta di Forza Italia.