Terremoto nel mondo del ciclismo. La squadra mobile di Lucca e gli uomini dello Sco ieri hanno arrestato sei persone per associazione a delinquere finalizzata a commettere più delitti in materia di doping, allo scopo di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. L'inchiesta della Procura toscana, per la quale altri diciassette soggetti risultano iscritti nel registro degli indagati, ha preso le mosse dalla morte avvenuta il 2 maggio scorso di Linas Rumsas, promessa del ciclismo e figlio dell'ex campione lituano Raimond Rumsas.
Il ragazzo, che correva per il Velo Club Coppi Lunata, team ciclistico di Capannori (Lucca), associato all'Altopack Eppela, squadra tra le prime dieci nel panorama dilettantistico italiano, prima del decesso aveva ottenuto piazzamenti strabilianti in gare impegnative. Il fatto che i risultati fossero nettamente superiori a quelli collezionati in passato ha spinto gli investigatori sulla strada giusta. Il pm ha accertato che l'improvvisa fine del ventunenne era da ricondurre all'uso o abuso di farmaci non autorizzati. Ad avvalorare l'ipotesi, la presenza, tra i direttori sportivi del team, del padre di Linas, Raimondas Rumsas, ciclista di fama internazionale, arrivato terzo al Tour de France nel 2002, ma coinvolto in passato con la madre del ragazzo, Edita Rumsiene, in indagini per traffico internazionale di sostanze dopanti.
La polizia ha accertato che i dopanti erano stati somministrati non solo al ventunenne, ma anche ad altri ciclisti della sua squadra. Un'accusa pesante, per la quale sono finiti agli arresti domiciliari Luca Franceschi, proprietario dell'Altopack Epella, i suoi genitori, Narciso Fraceschi e Maria Luisa Luciani, il direttore sportivo Elso Frediani, il preparatore atletico Michele Viola e il farmacista Andrea Bianchi. Luca Franceschi, Frediani e Viola devono rispondere anche di aver commercializzato dopanti, come l'Epo in microdosi, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico con l'aggravante, per il proprietario del team, di aver commesso i fatti da iscritto alla Federazione ciclistica italiana.
Queste sostanze gli atleti le assumevano mentre erano in ritiro a Capannori per la stagione ciclistica, ma dopo la morte di Linas, la base si era trasferita nell'abitazione dei genitori del patron dell'Altopack, per eludere i controlli della Federazione. Ognuno all'interno dell'organizzazione aveva un ruolo. Luca Franceschi reclutava le giovani promesse e le convinceva a doparsi e Frediani assicurava loro le consulenze, anche mediche, per riuscire a farla franca. Una volta allontanato il suo compito sarebbe passato a Viola, che aveva anche quello di procurare l'Epo ai ciclisti mentre il farmacista Andrea Bianchi li riforniva di ormoni e farmaci, anche oppiacei, coadiuvanti dei dopanti, da somministrare senza la necessaria prescrizione medica. Tutto messo nero su bianco dalla Procura e sono le intercettazioni telefoniche a dimostrare che queste sostanze erano di casa nella squadra lucchese. «Se vuoi andare forte te lo dico o fai come ti pare» si sente in un dialogo tra un ciclista e un dirigente. «Roba sai che mi da forza e per..sai..che si fa prima di gara, così il giorno della gara». E ancora indicazioni su dove somministrare i dopanti: «Quindi dovresti fare in vena, qui sotto il braccio, che non c'è grasso capito..»
Nel corso delle perquisizioni, eseguite anche nelle province di Pistoia, Livorno e Bergamo, la polizia ha sequestrato fiale di Epo, siringhe, aghi butterfly, cateteri endovenosi e diversi flaconi di Ringer Lattato e Glucosio. Nel ritiro della squadra, anche se vietati, erano presenti anche potenti antidolorifici, indicati nella tabella delle sostanze stupefacenti e psicotrope.
«Oggi, domani, la prossima settimana, chi sa qualcosa venga in Procura o vada alla mobile per dire quello che sa - è
l'appello accorato lanciato ieri mattina dal procuratore capo di Lucca, Pietro Suchan -. A conferma, perché gli esiti li sappiamo già. Bisogna voltare pagina: basta lutti, basta morti di giovani sportivi. Collaborate ora».
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