È caccia al video di rivendicazione. Non si trova infatti il filmato-manifesto che Ousseynou Sy avrebbe girato poco prima di dirottare un autobus con a bordo 51 ragazzini delle medie mercoledì mattina a Crema, per poi incendiarlo. Gli investigatori ipotizzano che il senegalese non abbia fatto in tempo a postare il video su Youtube oppure che il filmato non esista. A parlarne infatti nell'interrogatorio davanti ai pm era stato lo stesso 46enne. I carabinieri del Ros hanno perquisito la casa e l'auto dell'uomo e hanno sequestrato materiale informatico. Il cellulare invece, con cui sarebbe stato girato il filmato che Sy avrebbe inviato ad alcuni conoscenti in Italia e in Senegal, è andato distrutto nell'incendio.
Ousseynou Sy, assistito dal legale di fiducia Davide Lacchini, è accusato di strage, incendio, sequestro di persona e resistenza. Gli viene contestata l'aggravante della finalità di terrorismo, ma non è emerso che abbia legami con l'estremismo islamico. L'inchiesta è coordinata dal capo del pool anti terrorismo della Procura di Milano Alberto Nobili e dal pm Luca Poniz. La richiesta di convalida dell'arresto in flagranza partirà nelle prossime ore e l'interrogatorio di garanzia è in programma per oggi. Il senegalese ha precedenti per guida in stato di ebbrezza e per violenza sessuale su una minorenne. Per il primo reato nel 2007 è stato condannato a un'ammenda di 680 euro e la patente gli è stata sospesa per sei mesi. È emerso che per almeno una parte di quel periodo si è messo in malattia ed è riuscito a non far sapere nulla all'azienda per cui faceva l'autista, la Autoguidovie. Per le molestie su una ragazzina commesse nel 2010 invece è stato condannato a ottobre dello scorso anno a un anno di carcere in via definitiva, con pena sospesa. La condanna riguardava «fatti di minore gravità» e anche di quest'ultima il suo datore di lavoro non sapeva nulla.
Il difensore chiederà per il suo assistito una perizia psichiatrica. «È doveroso - spiega l'avvocato Lacchini - a fronte dell'enormità del gesto». Intanto ieri sulla carcassa dell'autobus incendiato a San Donato i carabinieri hanno trovato il coltello che Sy ha usato per minacciare gli ostaggi. Nessuna traccia invece della pistola che alcuni ragazzini hanno detto di aver visto alla cintura del 46enne. Il suo legale ha negato che avesse con sé un'arma da fuoco. Sy, che è cittadino italiano dal 2004, si trova a San Vittore sorvegliato a vista. Ieri mattina è stato trasferito nel reparto «protetti», quello in cui si trovano i detenuti che non possono stare a contatto con gli altri, come i pentiti e i sex offender. Ha la mano sinistra fasciata per le ustioni che ha riportato nell'attentato. «Ha ribadito che non intendeva fare male ha nessuno», ha spiegato l'avvocato.
Chi ha visto il 46enne in carcere riferisce che sta bene ed è tranquillo. Non è pentito del suo «gesto dimostrativo» e ripete la propria motivazione «panafricanista». Ribadisce che «l'Occidente deve liberare l'Africa dalla sua oppressione» e che ha agito «per dare un segnale all'Africa, perché gli africani restino in Africa e così non ci siano morti in mare. Spero che il segnale sia arrivato». Infine ha spiegato: «Io non ho dato fuoco a niente».
Ha sostenuto che le fiamme sono state causate probabilmente da una scintilla per un corto circuito provocato dall'urto del pullman contro la macchina dei carabinieri. E che gli accendini che brandiva davanti ai ragazzini non funzionavano.
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