Il fondatore e il rischio esplosione Quel filo che unisce M5S e Lega

La scomparsa di Casaleggio ripropone le stesse dinamiche che scossero il Carroccio nel 2004 dopo la malattia di Bossi. Il figlio Davide e la moglie del Senatùr, lo scontro tra i colonnelli

Il fondatore e il rischio esplosione Quel filo che unisce M5S e Lega

C'è un filo neanche troppo sottile che unisce Gianroberto Casaleggio e Umberto Bossi. Che rende per molti versi simili le storie di due movimenti scombinati dalla scomparsa del primo e dalla lunga malattia del secondo, che all'alba dell'11 marzo 2004 la morte la sfiorò per un soffio, al punto che oggi ne porta ben visibili i segni. Due vicende analoghe, perché Casaleggio è stato il padre, l'ideatore e il capo indiscusso dei Cinque Stelle un po' come il Senatùr lo è stato per il Carroccio. Con modalità e strumenti diversi, anche perché tra la nascita della Lega autonomista lombarda (1984) e del M5S (2009) passa un quarto di secolo esatto, ma con lo stesso piglio e la stessa autorità su tutto il movimento dove niente si muove senza il via libera del Capo o del Guru. Così è andata nella Lega fino a quella notte del 2004, così è stato fino a ieri nei Cinque Stelle.

Due storie lontane, ma tante similitudini. Che raccontano oggi un partito dove il figlio Davide Casaleggio e i tre big del direttorio grillino - Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Roberto Fico - hanno siglato una tregua forse destinata a non reggere. Il messaggio da veicolare al popolo Cinque stelle all'indomani della morte dell'ideatore del movimento era infatti quello dell'unità, ed è anche per questo che i tre big s'incontrano un'ora dopo i funerali al bar Magenta di Milano per un brindisi speciale e a favore di telecamere. Un'armonia che è molto di facciata, come dimostreranno i giorni seguenti, i fastidi verso le accelerazioni di Di Maio («pronto a fare il candidato premier se la Rete me lo chiede») e quelli nei confronti di Virginia Raggi (che lunedì si è presentata a sorpresa a Milano per un faccia a faccia con Davide). È uno schema che ricorda i giorni della malattia di Bossi, in coma farmacologico per settimane all'ospedale di Varese mentre i cosiddetti colonnelli del Carroccio sembrano più compatti che mai, al punto che nelle ore successive all'11 marzo decidono anche di dividersi i comizi a cui era atteso il Senatùr. Giancarlo Giorgetti, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, insomma, depongono le armi. E per la prima volta la gestione della Lega avviene in maniera collegiale.

Anche nel Carroccio, come nei Cinque stelle, l'elemento familiare è determinante. Perché a prendere in mano le redini di tutto è Manuela Marrone, moglie del Senatùr oltre che fondatrice del partito (dal notaio Franca Bellorini, il 12 aprile 1984 c'è anche lei a firmare l'atto costitutivo). Senza Manuela, non si muove foglia che abbia a che vedere con il marito o con la Lega. Tanto che secondo alcuni è proprio Marrone, da sempre per nulla avvezza ai riflettori, a fare da punto di equilibrio tra anime e caratteri diametralmente opposti, al punto che di là a qualche mese Maroni e Calderoli torneranno a darsele di santa ragione.

Davide Casaleggio le redini non deve neanche prendersele perché, insieme al padre, le ha sempre avute in mano. Quelle aziendali - della Casaleggio Associati deteneva sin dalla fondazione nel 2004 una quota del 30%, esattamente la stessa di Gianroberto - e, di conseguenza, quelle politiche. Nessuno dubita del fatto che sarà lui a guidare il movimento, mentre Beppe Grillo continuerà - seppure in maniera più lenta di quanto aveva inizialmente previsto e comunque mostrandosi spesso in pubblico - la sua fase di «uscita» soft.

Sia nel dopo Casaleggio che nel dopo Bossi, insomma, il ruolo della famiglia resta centrale. E in tutti e due i casi è una centralità quanto più possibile lontana dai riflettori e che tiene insieme equilibri difficili, per certi versi inconciliabili. Ed è proprio questo simmetria tra ieri e oggi a lasciar pensare che la tregua del bar Magenta non sia destinata a durare. Nel 2004, infatti, i colonnelli padani ci misero meno di un'estate a tornare ognuno nella sua trincea.

Allo stesso modo, passata una settimana dalla morte di Casaleggio, già qualcuno definisce «temporanea» l'alleanza Di Battista-Di Maio, con Fico che pare essere escluso dalla diarchia. E con qualche malumore per il canale preferenziale che Di Maio avrebbe con Davide Casaleggio e per la presunta scalata di Raggi verso i piani alti del movimento. Equilibri, insomma, davvero molto precari.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica