Forteto, è guerra tra toghe sul giudice ricusato

Al tribunale di Firenze non c'è memoria di un giudice ricusato. È successo pochi giorni fa nel processo ai capi del Forteto, la comunità degli orrori sul Mugello. Questa decisione senza precedenti è diventata un caso che sta terremotando il palazzo di giustizia toscano, dove scorrono veleni e vengono a galla scontri tra toghe, connivenze, silenzi. Le polemiche sulla ricusazione sono alimentate dal fatto che Maria Cannizzaro, uno dei tre giudici della Corte d'appello che hanno adottato l'ordinanza (e giudice relatore, per di più), è stata fino a pochi anni fa giudice del tribunale dei Minori di Firenze che decideva sugli affidamenti alle comunità di accoglienza, compreso il Forteto.

L'associazione delle vittime ha sollevato il caso: non si sarebbe dovuta astenere? Ma lo scontro si è fatto rovente davanti al mutismo dell'Associazione nazionale magistrati, che non ha speso una parola per difendere il presidente del collegio ricusato, Marco Bouchard. Un gruppo di intellettuali e professionisti fiorentini guidati dall'ex sindaco Mario Primicerio ha scritto una lettera aperta all'Anm (che di ora in ora raccoglie nuove adesioni) denunciando il «chiaro conflitto di interessi» di Cannizzaro che allunga la serie di «troppe coincidenze poco opportune simili a questa» e domandando di intervenire «a tutela del prestigio, della correttezza e dell'imparzialità» di Bouchard.

L'Anm, sempre pronta a bacchettare chi tocca un collega, stavolta ha risposto pilatescamente lavandosene le mani perché l'associazione «non ha alcun potere, e meno che mai un dovere, d'intervenire o di prendere posizione in ordine al merito e alle modalità di formazione di ogni provvedimento giudiziario».

Negli ovattati corridoi del Palazzo di giustizia di Novoli si combatte una guerra. Nei giorni precedenti la ricusazione, ha ricostruito la Nazione , si parlava di Bouchard come di un tipo fumantino, protagonista di scontri verbali in aula, mentre egli è una delle toghe più apprezzate di Firenze. Repubblica ha invece ricordato episodi ben più gravi di quelli che hanno portato alla ricusazione del giudice del Forteto, ai quali tuttavia non è seguito nessun provvedimento né si è sollevata alcuna indignazione: toghe coinvolte in indagini antimafia o processate per concorso in bancarotta, presidenti di collegio che urlano, testimoni insultati, persone offese cacciate dall'aula, ricusazioni respinte, conflitti di interesse.

Un caso per tutti: anno 2012, processo per l'urbanizzazione di un'area cittadina di Salvatore Ligresti. Si scopre che il presidente del collegio giudicante, Francesco Maradei, sedeva nella commissione per l'informatizzazione del tribunale con il principale imputato, Gianni Biagi, dirigente regionale ed ex assessore. Nessuno di loro aveva rivelato questo particolare, nessuno ha eccepito, tutti assolti tranne Biagi condannato a una pena simbolica: l'originale accusa di corruzione è stata derubricata ad abuso d'ufficio.

Le vittime del «profeta» Rodolfo Fiesoli assistono sgomente a queste polemiche, e con loro i politici che hanno denunciato abusi e violenze perpetrati per decenni nel silenzio complice di Firenze. Le istituzioni finanziavano, i big della sinistra accorrevano sulla «comunità modello» del Mugello, i magistrati dei minori e i servizi sociali affidavano bambini senza controlli.

La ricusazione allontana i tempi della sentenza avvicinando quelli della prescrizione. La difesa degli imputati potrebbe chiedere la cancellazione delle testimonianze finora rese (una quarantina) mentre si allunga una nuova ombra: trasferire altrove il processo per «legittima suspicione».

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