Le forze libiche stanno avanzando nel cuore di Sirte, roccaforte delle bandiere nere. Un'improvvisa offensiva favorita dall'appoggio aereo americano ha portato alla conquista del comando dello Stato islamico nel centro congressi Ouagadougou. «Le nostre forze hanno preso il controllo completo di tutto il complesso» ha dichiarato Rida Issa, un portavoce di «Bunian al Marsus», l'operazione militare per liberare Sirte.
Le milizie di Misurata e le forze del governo di Tripoli del premier Fayez al-Serraj avrebbero preso il controllo anche dell'università e dell'ospedale Ibn Sina, bunker dei seguaci del Califfo. Fra i 500 e 1000 jihadisti sono ancora asserragliati in tre quartieri residenziali ed in un complesso vicino al lungomare. Per liberare del tutto la città ci vorrà ancora qualche settimana di aspri combattimenti, ma l'avanzata delle ultime ore segna l'inizio della fine dello Stato islamico a Sirte.
Dal primo agosto i caccia Usa, in gran parte Av 8B Harrier a decollo verticale della nave anfibia Uss Wasp, hanno compiuto 30 raid su Sirte. Non bombardamenti a tappeto, ma obiettivi mirati, che probabilmente sono serviti ad aprire un varco alle forze libiche. Fin dall'inizio dell'assedio hanno operato in prima linea i corpi speciali britannici per individuare i bersagli. I militari di Sua maestà sono stati affiancati nelle ultime settimane da unità d'elite americane, che hanno «illuminato» gli obiettivi per farli colpire con precisione dai piloti Usa. Robyn Mack, portavoce del Comando Africa del Pentagono ha confermato la presenza di un numero limitato di soldati americani in prima linea.
In Libia sono operativi anche 15 militari italiani dei corpi speciali, secondo fonti del Giornale, oltre agli agenti dei nostri servizi segreti. La loro missione è di appoggio agli uomini dell'Aise, l'intelligence esterna, presenti sul terreno. Anche i militari sono sotto il capello dei servizi ed il controllo diretto della presidenza del Consiglio. Le agenzie stampa ieri si sono sbizzarrite sui numeri parlando di un massimo di 100 unità. In realtà le squadre dei corpi speciali sarebbero solo due per un totale di 15 uomini. Una sicuramente con base a Misurata e l'altra a Tripoli.
«Il nostro ruolo è di supporto all'agenzia (Aise, ndr) e le relative operazioni e contatti sul territorio» spiega una fonte militare. In pratica si tratta di appoggiare l'intelligence nella raccolta d'informazioni e nella creazione di una rete di contatti. Non trapela molto, ma l'Italia partecipa alla guerra segreta in Libia contro le bandiere nere e altre minacce jihadiste. Per garantirsi alleati o informatori, oltre al denaro viene fornito equipaggiamento militare di qualità. Dai visori notturni ai giubbotti antiproiettile fino a materiale per contrastare trappole esplosive o attacchi suicidi. I nostri forniscono anche semplici telefoni satellitari, gps o sistemi di comunicazione militare più avanzati. I corpi speciali appoggiano queste operazioni e fanno da contorno ad altre missioni come l'evacuazione di feriti. Il 26 giugno abbiamo imbarcato a Misurata su un C 130 con personale medico, 11 miliziani colpiti in combattimento sulla prima linea di Sirte. I feriti sono stati trattati al Celio, l'ospedale militare di Roma.
Una fonte istituzionale anonima dell'agenzia Ansa conferma la presenza delle nostre unità d'elite in Libia parlando di poche dozzine di uomini a Misurata, Tripoli e pure Bengasi, dove avevamo un consolato. Il compito sarebbe quello di «addestratori», ma in realtà i corpi speciali italiani hanno piuttosto un ruolo di consiglieri. E soprattutto compiti operativi di varia natura in appoggio all'Aise.
La missione rientra nel mandato concesso dal Parlamento lo scorso novembre, che ha concesso alla presidenza del Consiglio un ruolo di controllo diretto sulle unità militari d'elite inviate all'estero sotto il cappello dei servizi.Altre fonti indicano fra 50 e 100 i militari impegnati in Libia fra carabinieri, paracadutisti del 9° reggimento Col Moschin ed incursori dell'Aeronautica. Forse questo numero include anche gli agenti dell'Aise.
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