Foto e gogna social sui rifiuti: sindaci paparazzi alla sbarra

Il primo cittadino di Agrigento denunciato da chi era stato immortalato in video: «Violata la mia privacy»

Foto e gogna social sui rifiuti: sindaci paparazzi alla sbarra

Beccato dalle telecamere mentre getta rifiuti denuncia il sindaco e il capo della polizia. La vicenda suona come paradossale, ma è quanto sta accadendo ad Agrigento dove il primo cittadino Calogero Firetto e il comandante della polizia locale, Gaetano Di Giovanni potrebbero andare a processo in una contesa giudiziaria che potrebbe fare scuola anche per il futuro e per il resto dei Comuni d'Italia.

La vicenda è semplice: un uomo, non residente ad Agrigento, è stato ripreso dalle telecamere pubbliche mentre gettava la spazzatura non differenziata e quindi multato. Il filmato, con il volto e la targa dell'auto oscurati, è stato poi diffuso sui social e dalla stampa. Da qui la denuncia per diffamazione. Negli ultimi mesi diversi sindaci hanno iniziato a pubblicare sui social le immagini di casi simili. A Roma, ad esempio, la sindaca Virginia Raggi ha pubblicato diversi video, alcuni inviati anche dai cittadini, di casi di inciviltà e di abbandono di rifiuti ingombranti con relativa notifiche di multe anche superiori ai 3mila euro. E ha anche chiesto il contributo dei cittadini, invitandoli ad agire come «sentinelle» contro l'inciviltà.

Il caso di Agrigento ha avuto vasta eco anche tra gli stessi primi cittadini. Enzo Bianco, presidente del consiglio dell'Anci, ha espresso al sindaco Firetto la sua solidarietà e quella di tutti i sindaci così come ha fatto Legambiente. «Questa è una vicenda cui si fa fatica a credere: i sindaci impegnati per migliorare il decoro della propria città dovrebbero essere aiutati e non ostacolati nel loro lavoro quotidiano». Lo stesso Firetto promette che «continuerà a piazzare le telecamere per beccare e sanzionare i soggetti che si rendono responsabili di questo grave danno all'ambiente, alla città, alla sua immagine. La lotta agli atti di inciviltà procede senza il minimo arretramento sia con appostamenti, sia con telecamere itineranti e sia rovistando tra i rifiuti per individuare chi li ha abbandonati».

La questione ora è capire se il video pubblicato consentiva o meno l'identificazione della persona. Secondo Francesco Bruno docente di diritto ambientale presso l'Università Campus Biomedico di Roma e partner dello studio legale Pavia Ansaldo «ponderando i due interessi, il diritto di tutti ad avere un ambiente salubre e quello alla riservatezza del soggetto, non vedo grandi margini per una azione di questo tipo. Tecnicamente se la persona non è identificabile non è ipotizzabile alcuna tipologia di reato. Le telecamere e anche la diffusione dei video possono rappresentare uno strumento per proteggere l'ambiente, tanto più in una situazione in cui si incorre in una sanzione amministrativa e difficilmente possono prefigurarsi pericoli di vendette o ritorsioni. Divulgare è una questione di equilibrio, ma è anche un modo per lanciare un messaggio e combattere l'impunità».

Luca Bolognini, avvocato e presidente dell'Istituto Italiano della Privacy, ritiene che sia fondamentale capire «quanto il filmato è stato anonimizzato.

Se non ci sono elementi per condurre all'identificazione non vedo profili di illiceità. Ma a volte, anche se il volto è oscurato, possono esserci altri elementi peculiari che possono ricondurre all'identificabilità del soggetto».

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