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Il fronte «eco» del M5s: prima mazzata alla Tav. Stop anche alle trivelle

Parere negativo dall'analisi costi-benefici E un emendamento sospende le perforazioni

Il fronte «eco» del M5s: prima mazzata alla Tav. Stop anche alle trivelle

A tre giorni dalla manifestazione dei Sì Tav a Torino, arriva al ministero delle Infrastrutture l'analisi costi benefici sull'alta velocità Torino-Lione. Una «bozza preliminare», ora sotto la lente della struttura tecnica del Mit per «un vaglio di conformità», fanno sapere fonti dello stesso ministero. Ma contenente, secondo indiscrezioni, un giudizio negativo sull'opera, atteso viste le note posizioni contrarie dei membri della commissione che l'ha redatta. Su quei risultati però le bocche sono cucite: «Sarà il ministero a rendere pubblica la relazione - risponde al telefono il coordinatore della task force Marco Ponti - abbiamo assicurato a Toninelli la massima riservatezza. Siamo stati neutrali, nessuna ideologia. I conti che abbiamo fatto sono buoni». A sua volta il ministero fa sapere che la documentazione prima andrà «doverosamente condivisa con la Francia, la Commissione Ue e in seno al governo». Un riserbo che dà l'idea del nuovo fronte di divisione che rischia di aprirsi nell'esecutivo, visto il favore della Lega all'opera e la netta contrarietà dei grillini. Che ieri dopo la valanga di critiche dalla base pentastellata sul caso trivelle, hanno rimediato con un emendamento - inserito nel dl semplificazione - che prevede la sospensione di permessi di «prospezione e di ricerca» di idrocarburi già rilasciati.

Non è un mistero che dopo il sofferente Sì alla Tap, i pentastellati mirino a recuperare con lo stop alla Tav. Dovesse proseguire, infatti, sarebbe l'ennesima promessa tradita. La relazione spedita ieri sarebbe comunque solo un primo step: manca ancora l'analisi giuridica ed economica sugli eventuali costi derivanti dal fermo dei cantieri. Un punto cruciale, come fu per la Tap. L'analisi spedita ieri invece riguarda l'opera nella sua interezza, «non solo la parte italiana», e comprende una valutazione degli effetti su tutti i soggetti sociali implicati: gli utenti, le imprese, lo Stato, la sicurezza e l'occupazione. «Abbiamo condotto un'analisi scientifica, - precisa Ponti al Giornale - con una prassi che non ci siamo inventati noi, e prendendo in esame tutte le relazioni fatte finora». Anche l'ultima, del commissario straordinario alla Tav Paolo Foietta. Il quale ha sempre quantificato in 4 miliardi il costo di un eventuale stop all'opera, tra fondi già stanziati e quelli da restituire all'Ue e alla Francia. «Quell'analisi non è neutrale - ribatte Ponti - magari neanche la nostra, sarà il ministero a fare una revisione di quanto abbiamo scritto per verificare se ci siano sciocchezze. Di certo siamo stati più neutrali noi della relazione, per esempio, fatta nel 2011 dai costruttori». Quel dossier era completamente favorevole all'opera. Sui 4 miliardi di soldi da restituire, per un'opera che ne costa 2,9 all'Italia, Francesco Ramella, l'altro esperto della task force precisa che «tecnicamente una cifra restituita non è una cifra spesa. Se uno restituisce i soldi c'è un effetto distributivo, non di spesa. Comunque questo punto non rientra nel lavoro che abbiamo fatto noi, sarà compito dell'analisi giuridica valutare eventuali restituzioni». La relazione arriva alla vigilia di una nuova discesa in piazza, sabato a Torino, del popolo del Sì all'infrastruttura. Sono già un centinaio i primi cittadini, di tutti gli schieramenti, che hanno aderito. Per il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, ora «tocca al governo, mi auguro che faccia in fretta, ma i costi sono quelli dell'accordo aggiornato nel 2017, per l'Italia 4 miliardi e 739 milioni, di cui 1,7 per la tratta nazionale».

«Se dovesse essere confermata l'indiscrezione sullo stop della Tav allora si decreterà una frattura insanabile tra lo Stato e il Piemonte», concludono i deputati piemontesi di Forza Italia.

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