
Fuga dal Parlamento. Verso altri incarichi, più prestigiosi e interessanti. Meglio una cattedra a Parigi, come ha scelto l'ex premier Enrico Letta, o la vicepresidenza dell'Eni, raggiunta da Lapo Pistelli, o la direzione dell'istituto dell'Enciclopedia italiana, cui è approdato l'ex ministro Massimo Bray. Così, alla spicciolata deputati e senatori tagliano la corda: a Montecitorio e a Palazzo Madama, che fra l'altro sta per essere semi cancellato, si sentono dei peones, schiacciano bottoni, hanno rapporti complicati con i propri partiti. Dunque, si guardano intorno alla ricerca di un varco. E quando lo trovano fanno bye bye. Un arrivederci saturo di disincanto e fatalismo. E chi resta si sfoga, come Antonio Marotta di Ncd che in un'intercettazione agli atti dell'ultima inchiesta sulla cricca di Raffaele Pizza, rimpiange lo scranno al Csm perché lì si amministrava un «potere immenso, pieno». E il consigliere non era un numero, una mano che si alza, una pedina in balia delle segreterie. «Se potevo me ne fottevo - confida Marotta a un imprenditore - di venire qua a perdere tempo».
Sono 49 quelli che per una ragione o per l'altra hanno concluso il mandato in anticipo, nel corso di questa legislatura che dovrebbe durare ancora due anni. Un trend perfettamente in linea con quello della scorsa legislatura. Due - Silvio Berlusconi e Giancarlo Galan - sono decaduti, quattro sono morti, 34 hanno lasciato per incompatibilità e 9 per motivi personali. Ma il drappello dei fuggitivi potrebbe essere più consistente se non ci fosse, dettaglio surreale, un gruppetto intrappolato nel Palazzo. Otto deputati e senatori hanno provato infatti ad abbandonare il seggio ma le loro dimissioni sono state respinte e respinte ancora.
È il caso del senatore 5 Stelle Giuseppe Vacciano le cui dimissioni sono già state bocciate due volte e il terzo tentativo dovrebbe arrivare molto presto. Vacciano era stato espulso dal gruppo dei 5 Stelle nel febbraio 2015 e a quel punto aveva deciso di farsi da parte: «Nel momento in cui si è chiusa l'esperienza con i 5 Stelle, considero conclusa anche la mia esperienza politica». Questione di coerenza, senza badare al tornaconto personale. Il senatore non aveva però fatto i conti con i colleghi. Che hanno impallinato già due volte la sua uscita e così Vacciano resta, almeno per ora, inquilino di Palazzo Madama.
Di solito le dimissioni vengono respinte la prima volta per un gesto di cortesia verso il parlamentare. Ma come nota Openpolis, in un saggio molto approfondito, tutti i parlamentari 5 stelle che hanno provato a cambiare vita sono rimasti bloccati: 10 finora le votazioni con semaforo rosso che hanno coinvolto deputati e senatori grillini. In linea generale, chi abbandona lo scranno non lo fa, come nota sempre Openpolis, perché ritiene chiusa la sua storia politica, ma perché trova un'altra collocazione, più appetitosa. Al Parlamento europeo, dove c'è stata una migrazione di massa di 15 unità, in Regione o in un Comune. Così, per esempio, Fulvio Bonavitacola, dopo oltre due anni ha mollato il Parlamento per andare a fare il vicepresidente della regione Campania. E Massimo Bitonci si è congedato per diventare sindaco di Padova. Allo stesso modo Antonio Decaro si è installato a Bari e Matteo Biffoni a Prato.
Insomma, la politica riempie sempre ma è finito il tempo in cui deputati e senatori rimanevano attaccati alla sedia e al crocevia di una poltrona nella istituzioni locali quasi sempre rispondevano: no, grazie. Oggi si fanno due calcoli e si accetta quel che prima, di solito, si lasciava scivolare. Attenzione: l'esodo è traversale a tutti i partiti. In proporzione alla loro consistenza numerica: così il 45 per cento delle defezioni tocca il Pd, il 22,45 Forza Italia e il 14,29 la Lega. I conteggi si faranno nel 2018.
Se non ci saranno elezioni anticipate. Allo scorsa giro, furono 74 quelli che si sfilarono. Chissà. Quella quota potrebbe pure essere superata, segno di una disaffezione che la semi sparizione del Senato può solo accelerare.