Difendersi da sé continua ad essere proibito, visto che la nuova disciplina della «legittima difesa» è ancora bloccata al Senato: dove peraltro è arrivato dalla Camera un testo demenziale, che dà diritti diversi a chi si trova i ladri in casa di notte e a chi invece si imbatte nei banditi prima del tramonto; quindi, quando si decideranno ad affrontare il progetto, i senatori dovranno (si spera) modificarlo e rispedirlo alla Camera, dove verrà affossato dalla fine della legislatura. Se ne riparlerà, se va bene, nel prossimo Parlamento, con buona pace delle promesse che anche il governo aveva rivolto ai cittadini martellati dalle rapine in casa. Nel frattempo i protagonisti dei casi di autodifesa continueranno ad affrontare processi lunghi e costosi: come è toccato a Mario Cattaneo, l'oste lodigiano prosciolto ma costretto ad avviare un fundraising, mettendo all'asta le sue ricette per affrontare le spese legali.
Lasciate stare le pistole, subite in silenzio, permettete ai ladri di fare il loro lavoro ovvero di svuotarvi cassetti e cassaforte, e poi andate dai carabinieri a denunciare il furto: questo, di fatto, il messaggio che lo Stato manda alle potenziali vittime, ai capifamiglia e ai negozianti che - soprattutto nelle zone periferiche o rurali - convivono con l'incubo della razzia. Lo Stato dovrebbe aggiungere: e rassegnatevi a non avere mai giustizia, a non sapere - a meno di miracoli - chi è stato a saccheggiarvi, e rinunciate comunque all'idea di vederlo chiuso in galera.
Il peso delle statistiche è lì, inequivocabile. Dice che è una percentuale risibile degli autori di questi reati a venire scoperta: a fronte dei 214mila furti in abitazione commessi nel 2016 (586 al dì, 24 all'ora, uno ogni due minuti circa), i dati forniti dall'Istat riportano la miseria di 7.805 presunti colpevoli denunciati dalle forze dell'ordine alla magistratura, poco più del tre per cento. E ancora più sconfortante è il dato che si scopre andando a analizzare la sorte dei pochi ladri e rapinatori che vengono scoperti e arrestati: spesso scarcerati dal giudice chiamato a convalidare il loro arresto, e comunque destinati a restare in carcere una manciata di giorni. Meno dell'1 per cento, secondo una ricerca di Libero dell'aprile scorso, soggiorna in cella più di un mese.
Alla data del 30 giugno scorso, nelle carceri italiane erano rinchiuse complessivamente per reati contro il patrimonio, ovvero furti e rapine (complessivamente nel 2016 ne sono stati commessi oltre 424mila), circa 31mila persone. Sembra un dato consistente, se lo guardiamo come un'istantanea. Se invece vedessimo un film, scopriremmo che i volti di qui detenuti cambiano in continuazione: entrano, escono, salvo poi tornare a rubare e rientrare in carcere.
Eppure il ministro della giustizia Andrea Orlando, rispondendo alle polemiche dopo una raffica di scarcerazioni facili a Reggio Emilia (dove un ladro georgiano accolse la sentenza del giudice intonando festante «Italia Italia» di Mino Reitano) aveva promesso un giro di vite destinato a contrastare «i reati predatori, vera e propria piaga in crescita». Il decreto Orlando a differenza del nuovo testo sulla legittima difesa, è stato approvato dal Parlamento e dall'agosto scorso è in vigore.
La pena massima per furto in appartamento è rimasta la stessa, sei anni; è salita da uno a tre anni la pena minima, ma questo non cambia nulla: proprio tre anni è il tetto che consente di essere affidati ai servizi sociali. E a quel punto si torna liberi.
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