Furto (nascosto) agli artigiani: diciotto miliardi di tasse in più

Allarme Cgia: così gli studi di settore uccidono autonomi e imprese Solo un esercizio su due fa scontrini, colpa di una tassazione al 61%

Furto (nascosto) agli artigiani: diciotto miliardi di tasse in più

«Nel 2017 mi impegno a dire che le tasse continueranno a scendere». Qualche giorno fa l'annuncio di Renzi, in piena stagione di dichiarazioni dei redditi, ha riacceso le speranze di una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese. L'intenzione del governo c'è, ma le risorse sono scarse e incombe ancora l'aumento dell'Iva (aliquota ordinaria al 24% e quella agevolata al 13%) e delle accise previste dalle clausole di salvaguardia proprio per il 2017.

Ieri sono circolate ipotesi di nuovi sgravi per le famiglie. Un rafforzamento del bonus bebè, aumento delle detrazioni e della no tax area per le famiglie dal secondo figlio in poi. Il ministro agli Affari Regionali Enrico Costa l'ha presentata come una possibile introduzione del «fattore famiglia», ma è solo un desiderio dei cattolici della maggioranza. Facile interpretarlo come un tentativo di incassare una contropartita dopo l'approvazione delle unioni civili.

Le aziende intanto continuano a fare i conti con un fisco che le penalizza. Ieri la Cgia di Mestre ha ricordato le anomalie degli studi di settore, lo strumento attraverso il quale il fisco, attraverso analisi statistiche ed economiche, rileva il probabile reddito di professionisti, autonomi e imprese. Dal 1998, anno di introduzione, al 2014 hanno garantito un grosso apporto di gettito alle casse del Stato. Dall'adeguamento di contribuenti che erano risultati non congrui 18,6 miliardi di euro. Dall'adeguamento spontaneo 46,8 miliardi di euro. Chi si adegua spesso lo fa per non finire nel mirino del fisco, ma non è detto che funzioni per chi risulta già congruo. Sono poco più di 3,7 milioni le partite Iva sottoposte agli studi di settore e oltre il 75% rispetta le richieste avanzate dal fisco in materia di ricavi. «Questi contribuenti, tuttavia, rimangono ancora nel mirino del fisco visto che ogni anno rischiano di subire un accertamento, sebbene per gli studi di settore siano dei soggetti fedeli. Nel 2014, infatti, sono stati 160.000 gli accertamenti in materia di Iva, Irap e imposte dirette che hanno interessato le imprese potenzialmente soggette agli studi di settore», spiega il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo.

Un'altra denuncia è arrivata dagli artigiani della Cna. «Non è più tollerabile il sacrificio chiesto alle piccole imprese da un fisco che si porta via il 61% del loro reddito, circa 20 punti percentuali sopra la media europea», ha denunciato il segretario generale Sergio Silvestrini. A rendere la tassazione sulle piccole imprese meno vantaggiosa rispetto a quella del resto dell'Europa, sono soprattutto Imu e Tasi sui beni strumentali. «Gli immobili aziendali sono arnesi da lavoro che servono per produrre il reddito che poi viene tassato». L'appello di Silvestrini è simile a quello ripetuto più volte da Confedilizia, che chiede l'applicazione della cedolare secca anche a capannoni e negozi. Non sorprendere che in nell'inferno fiscale italiano l'evasione resti un fenomeno endemico.

Ieri Adnkronos ha diffuso i risultati di una indagine sull'evasione «quotidiana» dalla quale è emerso che il 54% delle ricevute fiscali al bar e al ristorante, ma anche in case vacanza e bed&breakfast, sono in nero. Una anno fa erano il 51%.

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