Coronavirus

"Una gestione pagliaccesca. Test nei bar o chiuderanno"

Lo scienziato: non si riesce a programmare nulla e ogni Regione fa per sé. Tamponi a chi lavora nei locali

"Una gestione pagliaccesca. Test nei bar o chiuderanno"

«Qui non si riesce a programmare niente: è il grande difetto italiano. Si cede a interessi economici più o meno legittimi, si fanno provvedimenti all'ultimo minuto e alla fine il risultato è una miscela infernale. In un'epidemia dev'essere uno solo che comanda, invece ogni regione spesso si muove per i fatti suoi. È una pagliacciata».

Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia all'Università di Padova, commenta il clima d'incertezza generale che aleggia nelle decisioni della lotta contro il Covid. Soddisfatto per lo stop dei locali?

«Finalmente un atto coraggioso che mette fine a una babele di voci e provvedimenti. Ai giovani servirà come segnale: purtroppo in discoteca esistono le due condizioni che agevolano la diffusione dei contagi».

Vale a dire?

«Il contatto ravvicinato con gli sconosciuti e l'aumento della respirazione che favorisce l'entrata del virus nelle vie respiratorie profonde».

Anche se si balla all'aperto?

«Ovviamente sì. Abbiamo visto giocatori positivi che hanno infettato l'intera squadra e pure gli avversari. Ballando all'aperto ci si contagia lo stesso».

Dopo le discoteche pensa che dovranno chiudere anche bar e ristoranti?

«Se c'è la volontà politica di farli rimanere aperti, anche in presenza del virus, bisogna trovare soluzioni innovative e in fretta, come controllare con regolarità tutti i dipendenti che lavorano nel settore. Per esempio, in Inghilterra hanno capito che i pub sono aree di trasmissione del virus importante. Non li hanno chiusi, però hanno imposto test obbligatori a tutto il personale per identificare le persone infette. Se non si fa questa mossa, si chiuderà, è inevitabile».

E chi dovrebbe occuparsi di fare migliaia di tamponi? Le Asl sono già in affanno con i rientri dei turisti.

«Se il Sistema sanitario nazionale non ce la fa - e lo dico con rammarico - dobbiamo chiedere aiuto ai laboratori provati. Bisogna essere realistici. Fissiamo un prezzo accettabile, equo e remunerativo e allarghiamo la possibilità di fare prevenzione. Questo è un momento molto delicato. In venti giorni i contagi si sono triplicati».

Sono numeri ancora bassi.

«Però la pandemia è stata portata in Italia da pochi casi, non dimentichiamolo».

Per accelerare i controlli il ministero della Salute ha autorizzato i test brevi.

«Mi viene da piangere. I tamponi brevi servono solo in una situazione di pandemia conclamata, quando non ce la fai a seguire le normali procedure. Paradossalmente sono molti più rapidi i tamponi normali. E poi i risultati sono inattendibili».

Quando sarebbe corretto eseguire un test dopo una vacanza in Spagna?

«Il giorno prima di partire oppure subito dopo il rientro, poiché se una persona si infetta, il giorno dopo è già positivo. In pratica, la sintomatologia non coincide con la positività al test, può manifestarsi anche dopo».

Però per i controlli sanitari negli scali ci sono attese e assembramenti. Si poteva evitare questo caos?

«Bisognava organizzarsi prima. Ma non si riesce a programmare nulla, è il difetto italiano, si cede a interessi economici più o meno legittimi, fai una miscela infernale: in una epidemia dev'essere uno solo a comandare, il governo».

Per arginare i contagi di rientro, cosa suggerirebbe al ministro Speranza?

«Di fare i tamponi in laboratori selezionati già nei paesi a rischio, prima della partenza per l'Italia».

E chi rientra dall'estero in automobile?

«Si possono organizzare dei controlli alla frontiera italiana. Google può indicare esattamente la provenienza dei passeggeri. Il cellulare ne porta le tracce. Se i vacanzieri arrivano da zone dove ci sono focolai, scatta il tampone e la quarantena».

Tutte queste precauzioni servirebbero ad allontanare scenari a tinte fosche?

«Sia chiaro, senza il contributo individuale di ogni persona, che rispetti regole come mascherine e distanziamento, il sistema sanitario non è in grado di bloccare da solo l'epidemia».

E quindi rischiamo di tornare alle zone rosse?

«Dipende: se i casi aumentano a cluster non è un problema, se si comincia con la trasmissione diffusa allora arrivano i guai».

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