Già dimenticato Tsipras: la sinistra adotta Corbyn

I «compagni» anti-Renzi si aggrappano al nuovo leader laburista ed esultano come per Syriza. L'ironia di Guerini: «Organizziamo un altro charter...»

Ah che nostalgia, ah che rodimento. Quando Jeremy Corbyn si rivolge ai suoi, li chiama: compagni . Senza mezze misure, senza biascicare, senza vergogna, senza infilarsi in questioni di lana caprina ( care amiche, cari amici ). Loro, quando compare, intonano Bandiera rossa . Levano il pugno chiuso al cielo.

Cielo, che invidia. Uscirebbe dalla Ue. A Nato e Israele, preferisce Putin e Hamas. Non ne fa mistero. Vorrebbe rinazionalizzare ferrovie e banche. Promette più orti per tutti , nel senso di un giardino per ogni casa, nel quale coltivare (almeno) patate e pomodori. Propugna una moderata sopravvivenza che apre il cuore e la mente , in opposizione alle disuguaglianze del mondo. Ha pure mollato in tronco la prima delle tre mogli perché voleva mandare i figli alla scuola privata.

«Cercasi disperatamente un Corbyn italiano», nella raffinata sintesi della Jena , alias Riccardo Barenghi, già direttore del Manifesto di un'era geologica fa. In realtà, soltanto una dozzina d'anni, prima che Barenghi riparasse sotto le ali protettive del Grande capitale (alias La Stampa della Fiat). Sorte capitata più o meno a gran parte della Sinistra con la «S» maiuscola durante gli anni del Blairismo imperante. Epopea crollata assai prima di Corbyn e non oggi, come vorrebbe Vendola («È l'archiviazione definitiva del Blairismo» ). Solo che quel che c'è stato dopo, dalle crisi economiche ai piccoli leader che scimmiottavano Blair a Blair decaduto... meglio dimenticarlo.

Si torna alla tradizione, dunque, e chi meglio della Perfida Albione poteva insegnarlo? Non sembra perciò feticcio passeggero come altri, febbri spagnole alla Zapatero dopo mal brazileiro alla Lula, pianto greco alla Tsipras dopo deliri alla Chavez. No, siamo proprio all'inversione di tendenza, al trend che disseppellisce le radici per ritrovare ragioni dell'esistenza in vita. «La sinistra è viva», nell'enfasi di un Fassina travolto dall'emozione: «Stasera siamo più forti!». Forse, ma forse pure no. Perché se rinasce un' Internazionale riveduta e corretta, se pure si mette assieme la domanda di Podemos in Spagna a quella di Syriza in Grecia, al neoLabour di Corbyn, chissà quando il trend potrà mai raggiungere la pittoresca variante della sinistra di casa nostra, dove l'ultimo dei blairiani, Renzi, s'è impossessato dell'ultimo dei partiti eredi del comunismo. E quanto ancora di provinciale, s'è visto nella gioia mista a rodimento di ogni dichiarazione di giubilo degli uomini che, da noi, non hanno nulla, ma proprio nulla, del puritanesimo socialista di Corbyn, e lo vedono tradotto solo nella mortifera speranza di far fuori Renzi. D'Alema e Veltroni, ognuno a modo proprio araldo e tappetino del blairismo , di Corbyn diffidano con lingua biforcuta. L'elegante Cuperlo si limita al genere bolso della «riflessione nel Pd». Chiaro, ma non coerente, il bersaniano D'Attorre: «Corbyn seppellisce i riferimenti di Renzi». Meglio allora l'impudenza del governatore toscano Enrico Rossi, che sembra ambire a diventare, proprio come Corbyn con Cameron, un oppositore irriducibile a Renzi senza neppure proporsi di sostituirlo nella stanza dei bottoni. O il Landini che s'accontenta del «segnale sociale», fatto apposta per la sua Social coalition . Per finire con il goliardico scambio di tweet che riporta l'evento inglese alla (giusta) dimensione del pollaio.

Al vicesegretario Guerini che sfotte (E mo' organizziamo un altro charter , riferendosi alla gita ateniese per Syriza), replica il giovane deputato del Pd, Enzo Lattuga: « ...O un volo di stato? ». Ben detto. Meglio stare sugli sprechi di Renzi, che volare troppo alto. Che poi magari uno si brucia.

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