Il Giappone alla guerra dei bagni A Tokyo sostituite 4mila «turche»

Il piano del governo per gli hotel che ospiteranno i turisti

Il Giappone alla guerra dei bagni A  Tokyo sostituite 4mila «turche»

Luciano Gulli

Ai giapponesi, Mastro Lindo gli fa un baffo. E questo si sapeva. Come si sapeva che l'Ordine, la Disciplina, l'Amore per la Patria e per il Pulito figurano a pari merito fra i cardini di una civiltà dove agli scolari, meritoriamente, inoculano il «valore» del pulito e dell'igiene fin dai banchi di scuola, essendo obbligati a spazzare e spolverare le loro aule fin dalle elementari insieme con gli insegnanti.

La notizia che gli ultimi cessi «alla turca» (migliaia, addirittura!) ancora presenti nel Paese verranno spazzati via in vista delle Olimpiadi del 2020 stupisce dunque «au contraire». Stupisce cioè che ce ne fossero ancora, di «turche», in un Paese dove anche le più intime funzioni corporali sono state stravolte dall'avvento di una ipertecnologia dove il vaso-bidet cioè l'attrezzo che riunisce in una «quelle» due funzioni - è un must, una sorta di idolo, uno status-symbol nelle sue versioni più chic da molti anni.

Gli snob, anche da noi, lo chiamano «Washlet» (da wash+toilet). Mentre già si registrano alcuni casi di coglioneria di gente disposta a spendere anche tremila euro per avere un «coso» esclusivo dove tuttavia si espleta la solita, vecchia, cara funzione. Il coso chic si chiama «spalet» (spa+toilet). Fra i gadget figurano la tavoletta riscaldata, profumazioni esclusive che si spandono nell'aria e musica a scelta, compresa una colonna sonora che riproduce (per confondere nel mucchio i propri) una serie di rumori imbarazzanti in varie tonalità. Dal La bemolle al Do maggiore. Vasi-bidet con gli ugelli delle doccette sanificati prima e dopo ogni utilizzo automaticamente; col telecomando e senza; mentre le funzioni «intelligenti» sanno riconoscere anche il sesso di chi li cavalca, e adattarsi alla bisogna. Sia che le abluzioni abbiano a che fare col «davanti» o col «posteriore».

Se sia obbligatorio dotarsi anche di una mascherina, durante i riti suddetti, è problema alquanto dibattuto. Ma è probabile, in un Paese in cui, quando si ha il raffreddore (essendo che starnutire o soffiarsi il naso pubblicamente è indice di maleducazione) la mascherina è praticamente obbligatoria. Stupisce, a proposito del vaso-bidet, o washlet che dir si voglia, che non siano stati loro a inventarlo. Frugando tra le pieghe di internet si scopre che fu invece lo svizzero Hans Maurer, nel 1956. Anche se a farlo conoscere sul mercato fu l'«American Bidet Company».

In Giappone sfondò all'inizio degli anni Ottanta, quando la Toto, azienda leader nel settore lo impose con il seguente slogan: «Anche il sedere vuole essere sciacquato». Va da sé che di questo passo, fermi come sono alla carta igienica a un velo, i giapponesi scopriranno presto l'esistenza di quella a due veli. «Novità» che nel Paese del Sol levante stenta tuttavia a farsi strada.

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