I fascisti milanesi ​in campo da soli

Il blocco fascista ha deciso di affrontare in pieno la battaglia elettorale

I fascisti milanesi ​in campo da soli

La notizia che il fascismo milanese unitamente coi suoi naturali e oramai inseparabili alleati che sono gli Arditi e i Volontari di guerra scende in campo da solo sarà accolta con un moto di gioia e di orgoglio da parte di tutti i fascisti d'Italia. L'ordine del giorno votato all'unanimità nell'adunata nazionale di Firenze stabiliva delle «preferenze» ma non escludeva là dove si fosse resa necessaria e possibile la lotta fascista con candidati fascisti e programma fascista.

Ripetiamo che la parola fascista comprende anche gli Arditi e i Volontari di guerra poiché le tre associazioni sono distinte nella forma ma fuse e confuse nella sostanza: si tratta di tre corpi e di un'anima sola. Ora il blocco fascista che potrà anche chiamarsi il blocco delle «teste di ferro» ha deciso di affrontare in pieno la battaglia elettorale senza nascondere una linea dei suoi Programmi, senza camuffare la sua mentalità.

L'Avanti! di ieri proclamava su sei colonne che i «più arrabbiati sostenitori della guerra si ritirano vergognosamente dalla lotta» ma questa che è vera vergogna (una volta tanto siamo perfettamente d'accordo col foglio pussista) non ci riguarda perché noi non ci nascondiamo, non ci ritiriamo e soprattutto non cerchiamo coi trucchi dell'ultima ora di ottenere dieci centesimi di perdono o di oblio dai nostri avversari e nemici. Ci presentiamo quali siamo e con questo crediamo di rendere un discreto servizio anche agli avversari delle coalizioni più agguerrite: la pussista e la pipista i quali avversari per la bellezza estetica e la sincerità della lotta devono apprezzare anche se apertamente non lo dicono il nostro gesto di rivolta e di sfida. Siamo giunti all'intransigenza fascista per necessità di cose e per volontà di uomini. Il fascio milanese che è lo si voglia o no il raggruppamento politico più importante di Milano immediatamente dopo la sezione del partito socialista ufficiale è stato trattato da parte di taluni sinistri con una specie di «sufficienza» sconveniente e irritante. Per molte ragioni d'ordine pratico sulle quali è inutile in questo momento di iniziare discorso ma soprattutto per una ragione d'Indole politica che si riattacca direttamente alle famose polemiche bissolatiane, noi fascisti che non rinunciamo a Fiume e nemmeno alla Dalmazia italiana non abbiamo potuto andare col gruppo cosiddetto di sinistra patrocinato dai combattenti inscritti all'Associazione Nazionale. A destra (usiamo questa terminologia per intenderci ma aggiungiamo subito che destra e sinistra non hanno oggi che un valore il più delle volte puramente retrospettivo) abbiamo trovato della gente arrendevole nei programmi e anche nei candidati ma ciò che da quelle brave persone ci divide è la nostra mentalità, il nostro stato d'animo, un insieme di sentimenti, d'impulsi, di ribellioni che non si pesano col bilancino e che tuttavia scavano fra uomini e uomini un solco profondo come un abisso. E allora terza e unica via, scartato l'astensionismo che in queste circostanze sarebbe equivalso a una pietosa e clamorosa auto-confessione di impotenza, la via dell'affermazione fascista che sarà, noi pensiamo, consacrata per acclamazione dall'imminente assemblea del fascio milanese. In fondo bisogna pensare che noi eravamo andati a prescindere da altre questioni verso forze inconsistenti o quasi. Il nostro gesto liquida diverse situazioni, seppellisce organismi già invecchiati e finiti. I liberali più che un partito sono una tendenza. Molti quadri, pochi soldati, niente masse di popolo. La «Democrazia Lombarda» è un'associazione che ha fatto il suo tempo. In due assemblee in questo periodo di accesa tensione politica non è mai riuscita a raggranellare più di 70 soci. La più stracca delle assemblee fasciste non ha mai avuto meno di duecento presenti... Il blocco di destra verso il quale si inclinava era un matrimonio di convenienza: noi apportavamo la nostra giovinezza, il nostro impeto, il nostro fegataccio e quelli là ci offrivano la loro dote, le loro «posizioni». Ma quando abbiamo aperto gli scrigni abbiamo trovato la dote e le posizioni del 1914: tutta roba che oggi è fuori corso o quasi. A «sinistra» ci avrebbero detto: non comprometteteci parlando di Dalmazia e a destra: non toccate troppo violentemente certi tasti interni perché i 51 sindaci clerico-moderati del collegio di Febo Borromeo e relativi buoni villici potrebbero... squagliarsi! Di fronte a questa situazione ogni fascista veramente fascista si convince che soltanto lottando da fascisti si può dare alla lotta la «nostra» colorazione fatta di meditata audacia e di giovanile scapigliatura. La nostra non è una lotta elettorale: questo bisogna bene inchiodarlo nel cervello: è una lotta politica: è la lotta che noi condurremo contro tutte le forze anti-nazionali oggi riassunte e simboleggiate nel governo di Nitti.

Quando «le teste di ferro» milanesi si riuniranno a comizio lo apriranno con questo grido: A chi l'onore? A Fiume! Viva chi? D'Annunzio! Abbasso chi? Cagoia!

29 ottobre 1919

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