Guerra in Ucraina

Giravolta del Pd, dall'elmetto al pacifismo

La sinistra abbandona la linea tenuta con Draghi e ora frena sulle armi

Giravolta del Pd, dall'elmetto al pacifismo

Non vendiamo la pelle dell'orso russo prima di averlo accoppato. Un vecchio proverbio che riflette la situazione sul terreno in Ucraina. Le forze di Kiev hanno assestato formidabili smacchi agli invasori costretti prima alla fuga verso il Donbass sul fronte dell'Est e poi alla ritirata da Kherson sulla prima linea all'estremo opposto. Debacle umilianti, ma non sconfitte devastanti che possono ribaltare le sorti del conflitto portando a una vittoria finale senza se e senza ma. Per questo motivo non bisogna tanto traccheggiare nel rinnovo dell'invio delle armi a Kiev il prossimo anno. L'opposizione sembra spaccata in quattro con il Pd che, fino a poco fa con il governo Draghi, si era messo l'elmetto e adesso sembra diviso fra irriducibili e «pacifinti» interessati solo a recuperare consensi in continua erosione.

Il governo, però, deve essere consapevole che le armi non si possono dare a fondo perduto per una guerra senza fine, ma devono servire a raggiungere l'obiettivo di una pace giusta. L'opzione trattativa non ha speranza senza uno straccio di piano da proporre con forza e serietà cogliendo la finestra che sembrava aprirsi fino a febbraio.

I russi già usano abilmente l'arma dell'inverno riducendo al gelo e al buio la popolazione ucraina. Il doppio scopo è evidente: fiaccare il sostegno al presidente Zelensky e aumentare il peso sull'Europa in termini di aiuti extra. Per non parlare dell'arma ibrida dei profughi che potrebbero riversarsi nei paesi limitrofi e da noi per la sopravvivenza.

Sul campo di battaglia, nonostante gli umilianti passi indietro, gli invasori si concentrano sopratutto nel Donbass, nodo del contendere dal 2014. Ieri i filo russi, appoggiati dalle armi pesanti di Mosca, avrebbero conquistato Andrivka, cittadina strategica che segna l'avanzata nel 45% della regione di Donetsk ancora in mano agli ucraini. E la piccola Stalingrado di Bakhmut, tenuta con le unghie e con i denti dalla forze di Kiev, rischia l'accerchiamento dei tagliagole della Wagner. L'ambasciata russa a Roma usa l'arma della propaganda pubblicando la foto di un mezzo italiano ribaltato nel fango della prima linea dopo una cannonata. E pone una domanda provocatoria proprio adesso che il Parlamento dovrà decidere sulle nuove armi a Kiev con i riottosi grillini: Tutti i contribuenti italiani sono felici con la destinazione dei loro soldi?. Non si tratta di un Lince fornito dal governo, ma di un blindato simile che fa parte di un lotto comprato da una società abruzzese dall'ex presidente ucraino Poroshenko per il suo battaglione.

Se Bakhmut cadesse gli invasori avrebbero la strada spianata verso Kramatrosk e Sloviansk, la linea del Piave delle difese ucraine nel Donbass. Stiamo parlando di mesi di ulteriori e sanguinosi combattimenti, che hanno già falcidiato i due eserciti in lotta provocando 17mila morti e feriti fra i civili. Il nuovo zar Putin ha bisogno del trofeo del Donbass per dichiarare una parziale vittoria. Nonostante comincino a scarseggiare i missili di precisione e il munizionamento più preciso ed efficace, il generale «Armageddon», al secolo Sergei Surovikin, che comanda l'invasione sarebbe pronto ad assetare nuovi terribili colpi. I satelliti hanno individuato nella vicina base aerea di Engels su territorio russo preparativi per utilizzare bombardieri strategici Tupolev 95 e 160, che in teoria possono lanciare anche armi nucleari.

Motivo in più per non abbandonare gli ucraini, ma puntare solo sullo sforzo bellico affossando qualsiasi spiraglio negoziale è un azzardo, se non un suicidio, per tutti.

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