Giustizia per l'ex 007 «Una vita devastata Rivoglio il mio onore»

La fine del calvario: «Ridatemi tutto, encomi e diritto di voto». Riavrà la pensione intera

Giustizia per l'ex 007 «Una vita devastata Rivoglio il mio onore»

«D opo 25 anni di lotte punteggiate da insuccessi, speranze deluse, ingiustizie, era molto difficile essere ottimisti. E sono passati già tre anni da quando la Corte europea ha detto che non potevo essere condannato per una legge che non c'era. Tre anni di lotta per avere giustizia piena. Perché io sono europeo e pure europeista, ma in primo luogo dovevano essere i giudici italiani a riconoscere la mia innocenza. E ora finalmente è avvenuto».

Parla pacato ma con voce ferma Bruno Contrada, 86 anni a settembre: «Non mi piace ricordare la mia età, sono nato il 2 settembre del 1931, conti un po'...», dice al Giornale con un guizzo di quella ironia napoletana che 25 anni di calvario giudiziario e una decina di privazione della libertà tra carcere preventivo e condanna scontata non hanno spento, mai. Ironia. E pure sollievo, quello di Bruno Contrada e della sua famiglia, la moglie Adriana, i figli Guido e Antonio, i quattro nipotini, a cominciare da Bruno, il maggiore, che si chiama come lui: «È piccolo, ma già capisce». Sollevato, Contrada. Per avercela fatta. Per essere arrivato vivo, e lucido, a vedere il finale della sua odissea cominciata la vigilia di Natale del '92, quando all'apice della carriera al Sisde e superpoliziotto di primo piano, finì in manette per le dichiarazioni di quattro pentiti (poi moltiplicatisi sino a 24 nel corso del processo di primo grado) e rimase in carcere per 31 mesi e sette giorni, prima ancora della sentenza di condanna a dieci anni nel '96, diventata definitiva nel 2007 e scontata per otto anni. Lucido, Contrada. Lucidissimo. A sentirlo parlare sembra che questi 25 anni non siano mai passati. «Questa sentenza della Cassazione - confessa - mi ha colto di sorpresa, ma non mi sarei arreso. Non mi bastava che lo avesse detto la Corte europea che la mia condanna era ingiusta, volevo restituito pienamente il mio onore. Dopo il valore assoluto della vita c'è la libertà. E io sono stato privato della libertà personale per un lungo periodo. Non è solo una sofferenza fisica, è soprattutto una sofferenza morale».

E che sofferenza, per lui e la sua famiglia. «Una vita devastata - continua - Io avevo la piena coscienza di non aver fatto nulla di male e di subire una sentenza ingiusta. Si vede che era destino, ma un destino non dovuto a una forza superiore, qui l'hanno manovrato gli uomini, alcuni uomini. Contro di me solo invenzioni di efferati criminali pagati dallo Stato oppure accuse loro suggerite da uomini che non voglio qualificare né definire. Se avessi commesso uno solo di quei fatti che mi sono stati contestati altro che condanna, avrei meritato la fucilazione per tradimento».

Il Bruno Contrada che, oggi, ha vinto la sua battaglia con la cancellazione della condanna a dieci anni per concorso esterno inflittagli ad aprile del '96 dalla V sezione penale del tribunale di Palermo che ha sposato la tesi dell'accusa sostenuta dall'allora pm Antonio Ingroia («se lo incontrassi cambierei marciapiede», ha detto ieri Contrada in conferenza stampa), non va oltre. Glissa anche sulla domanda cruciale: perché, in quel momento storico, all'indomani delle stragi del '92 e mentre il suo Sisde lavorava in chiave antimafia e dava la caccia a Bernardo Provenzano, lo 007 Contrada andava tolto di mezzo: «La mia storia - dice - è complessa, aggrovigliata, inestricabile. Ci vorrebbe tempo, molto tempo. Ora penso a tutto quello che ho passato, agli avvocati che via via mi hanno sostenuto. Un pensiero speciale va all'avvocato Piero Milio. Lui, purtroppo, non ce l'ha fatta a vedere questo finale (è morto nel 2010, ndr)».

Ironia della sorte, l'avvocato Stefano Giordano, che firma il successo di oggi in Cassazione a favore di Contrada, è il figlio del presidente del celebre Maxi processo ala mafia, Alfonso Giordano. Questa per la cancellazione della condanna era la battaglia fondamentale, per l'ex 007: «Ho lottato per il mio onore e la mia dignità, per il riconoscimento di tutto quello che ho dato alla Polizia di Stato, alla mia Patria». Ma la battaglia non è ancora finita. E non solo perché adesso a Contrada verrà anche restituita la pensione piena, non decurtata: «Voglio - dice - che sia cancellata la destituzione dalla Polizia. Voglio il riconoscimento del servizio, la restituzione degli oltre 100 encomi che ho ricevuto. E voglio anche il diritto di voto.

Votano gli immigrati e io da 25 anni non posso. Risolto tutto questo, smetterò finalmente di leggere carte giudiziarie. Tornerò ai miei amici, Ovidio, Marziale, Giovenale, Kafka». Già, Kafka. Forse neppure lui, dopo 25 anni, avrebbe immaginato questo finale.

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