Salvini ha «alcuni nomi in mente» per fare il premier di un governo a tempo determinato con l'appoggio anche dei Cinque stelle, non per forza un parlamentare leghista assicura, «può essere anche un non eletto, l'importante è che non sia una dama di compagnia della commissione Ue». Mentre fioriscono le ipotesi più disparate (dal professore no-euro Alberto Bagnai a Ettore Gotti Tedeschi) l'identikit più realistico, dopo tre ore di federale in via Bellerio, resta quello di Giancarlo Giorgetti. La strategia per la consultazione al Colle di lunedì è stata calibrata secondo un disegno preciso. Salvini farà il tentativo di chiedere un incarico per sé come leader della coalizione più votata, sapendo che è un tentativo con poche probabilità. «Sicuramente Mattarella mi dirà di no, quindi dobbiamo avere un secondo nome altrimenti il secondo nome lo fa lui». Cioè lo scenario di un governo tecnico, un «Monti bis», che il leader della Lega vuole scongiurare a tutti i costi.
Anche perché «faremmo fatica a tenere anche i nostri», cioè con un governo tecnico il gruppo leghista in Parlamento (con molti nomi nuovi, poco rodati) potrebbe non rivelarsi così granitico e contare delle defezioni di parlamentari «responsabili» pronti a sostenerlo nonostante il veto del leader. I vertici del partito, Giorgetti e Calderoli, hanno fatto persino una lista di tutti i nomi pronti a saltare sul carro del Quirinale, non solo tra gli alleati «ma anche tra i nostri». Quindi l'obiettivo di Salvini è anticipare le mosse di Mattarella offrendo la possibilità di un governo di centrodestra guidato non da lui, che possa contare anche sul M5s. Nella riunione con il consiglio federale Salvini si è mostrato possibilista sull'intesa con Di Maio per un governo di corto respiro con scadenza a dicembre, «che faccia poche cose e le faccia bene». Anche se le reazioni del M5s non sembrano affatto favorevoli: «Salvini ha sprecato l'occasione della sua vita. Poteva fare un governo con noi, con un contratto di governo ma ha deciso di stare con il pluricondannato Berlusconi» dice il capogruppo Danilo Toninelli. Che cita le urne come unica via di uscita, «anche con questa legge elettorale».
Salvini proverà la carta di un governo a tempo, sei mesi per riformare la legge elettorale in senso maggioritario, bloccare l'aumento dell'Iva e delle accise, cancellare la legge Fornero, approvare la legge di Stabilità «e un testo unico che blocchi l'immigrazione incontrollata». Sulla convergenza coi grillini ci sarebbe il via libera di Berlusconi e della Meloni, sentiti al telefono nella mattinata di ieri («Il M5s vuole sostenere un governo di centrodestra? Fdi non è ostile», scherza poi la Meloni facendo il verso a Di Maio). «Io sono due mesi che cerco un dialogo coi 5 Stelle, posso anche portargli anche la colazione a letto - spiega Salvini - Non so più cosa fare oltre che escludere qualsiasi tipo di rapporto diretto e indiretto con Renzi e con la Boschi e con i renziani». A questo punto la palla viene rimandata nel campo di Di Maio, e se la risposta sarà ancora no allora, per Salvini, «rimane solo il voto, di più non posso fare. Spero che tutti ci stiano, escluso Pd.
Piuttosto che avere un governo telecomandato da Bruxelles che per due anni ci massacra penso che ai 5S convenga un governo amico degli italiani e non nemico». È l'ultimo carta per evitare un esecutivo sgradito alla Lega. I nomi girati negli ultimi giorni, per Salvini, «sono dame di compagnia della commissione europea», quanto di più lontano dalla sua Lega.
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