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Gozi, il traditore al servizio di Macron

Il suo incarico all'Eliseo nutre i sospetti sul flop Ema a Milano. Sfottò di Calenda

Gozi, il traditore al servizio di Macron

Difficile dire se l'ex ministro del Pd Alessandro Gozi sia, per dirla con Vladimir Lenin, un «utile idiota» di Parigi o se, più banalmente, non sia neppure «utile». Certo ad ascoltare lo stupore esibito dall'italico consigliere per gli Affari europei accasatosi alla reggia di Macron vien da propendere per la seconda. E per la seconda propende anche l'ex ministro e compagno di partito Carlo Calenda che citando in un suo twitter Gozi (ma anche Ivan Scalfarotto in visita agli americani incarcerati per l'assassinio di un nostro carabiniere) parla di «vette di stupidità mai prima conquistate nella politica contemporanea». Il tweet si aggiunge a quello assai più duro nella sostanza con cui, 24 ore prima, Calenda aveva censurato la decisione «di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti». Nella constatazione di uno dei rari esponenti del Pd capaci di distinguere propaganda politica ed interesse nazionale si salda la convergenza con una Giorgia Meloni che mercoledì denunciava dalla prima pagina del Il Giornale il passaggio di Gozi alla corte dell'Eliseo. Una denuncia a cui si aggiungeva la richiesta, condivisa dal vicepremier Luigi di Maio, di revocargli la cittadinanza italiana utilizzando le norme che vietano «il conseguimento di cariche pubbliche da parte di uno Stato estero». Richiesta liquidata come «bestialità giuridica» da un Gozi convinto che non si possa in «un Paese democratico qual è l'Italia, ritirare la cittadinanza per motivi politici... Nei trattati europei - sottolinea l'esponente dem - si riconosce la possibilità di prestare attività presso governi di altri Stati membri. Io poi, sono un consigliere, non ho nessun potere pubblico».

Ma dietro la presunta indignazione aleggia, a voler esser indulgenti, la leggerezza e la vacuità di un ex ministro incapace di rendersi conto dei sospetti a cui può dare adito la sua scelta. Certo, il Pd non è nuovo a barattare l'interesse nazionale con il proprio interesse politico. Ma nel caso di Gozi l'appartenenza politica s'aggiunge al ruolo svolto in una vicenda, non priva di ombre, come la gara per l'assegnazione della sede Ema l'Agenzia Europea per il Farmaco dopo il trasloco da Londra. Un gara in cui la difesa di Milano, data per tutti come assoluta favorita, era affidata al novello Quisling del presidente Macron. Un gara in cui la sconfitta italiana venne decisa, quando si dice il caso, dall'improvviso dietrofront di Francia e Spagna che all'ultimo momento votarono per Amsterdam. Una sconfitta seguita dal silenzio di un Gozi che si rifiutò di rivelare chi avesse votato contro di noi. Con il senno di poi è chiaro che qualcuno possa pensare male e chiedersi - come ha fatto Giorgia Meloni - «da dove possa scaturire tanta riconoscenza da parte dello Stato francese nei confronti di Sandro Gozi». Dubbio ribadito ieri dalla leader di Fratelli d'Italia che parla di vicenda «davvero surreale». E che spiega: «Non si comprende che si tratta di una persona portatrice di notizie riservate dello Stato italiano in terra francese.

Il Pd amico dei francesi può non capirlo, del resto sono cose che accadono solo nel Pd italiano».

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