Il sito è disponibile sia in cinese sia in inglese. Basta digitare l'indirizzo e si accede al portale: l'interfaccia rosso, nell'angolo il simbolo del ministero della Sicurezza nazionale, l'agenzia di intelligence cinese. Si clicca sul bottone centrale, si compila il form e il gioco è fatto.
Si chiama www.12339.gov.cn ed è il sito web lanciato dal governo cinese per denunciare le spie straniere. L'obiettivo è invitare i concittadini a segnalare i tentativi di «mettere in pericolo la sicurezza della Repubblica popolare cinese». Vale a dire influenzare o corrompere funzionari statali, istigare rivolte armate o incitare il separatismo etnico. Per fare denuncia bisogna fornire i propri dati ma, viene precisato, «la piattaforma rispetterà strettamente le regole di riservatezza, di protezione della privacy e i diritti legali degli informatori» e «tutte le informazioni fornite saranno protette». Chiunque aiuterà il governo a scovare un informatore riceverà un compenso: per ora non sono stati dati ulteriori dettagli, ma una campagna simile promossa l'anno scorso dalla municipalità di Pechino premiava le «talpe» migliori con somme fino a 500mila yuan, poco meno di 65mila euro.
L'iniziativa arriva in un momento delicato per la Cina. Lo scorso 11 marzo l'Assemblea nazionale del popolo, l'organo legislativo, ha approvato la rimozione del limite dei due mandati presidenziali previsto dalla Costituzione, spianando la strada al presidente in carica Xi Jinping per un incarico a vita. Dopo la riforma, Pechino ha inasprito la censura del web, già ampia e ironicamente definita The great firewall («il grande blocco», gioco di parole che richiama «la grande muraglia», The great wall), arrivando a mettere al bando anche le immagini dell'orsacchiotto di pezza Winnie the Pooh perché compariva in alcune vignette satiriche su Xi. Attualmente in Cina sono inaccessibili praticamente tutti i social network, da Facebook a WhatsApp, la maggior parte dei servizi di Google, parecchie testate giornalistiche straniere, piattaforme di condivisione di video come YouTube. Il dissenso è silenziato. In questo quadro, ha stupito la decisione arrivata pochi giorni fa da Sina Weibo, il «Twitter cinese», che ha annunciato che non censurerà più i contenuti omosessuali.
Il sito per denunciare le spie è stato accompagnato dalla pubblicazione di una storia illustrata rivolta ai dipendenti delle aziende legate alla Difesa: si intitola Un amico con la maschera e mette in guardia sulle caratteristiche degli agenti stranieri. Anche questa non è una novità: due anni fa il governo aveva tappezzato le stazioni della metropolitana, le strade e i condomìni di fumetti per avvertire le donne che il loro partner straniero poteva essere un informatore.
Ora si tema che la nuova frontiera del controllo statale sui cittadini passi attraverso l'intelligenza artificiale, su cui il governo di Pechino sta investendo sempre di più. Nel settore sta emergendo SenseTime, azienda specializzata nello sviluppo di sistemi di riconoscimento facciale. La società ha appena ricevuto un finanziamento da 600 milioni di dollari da Alibaba, colosso cinese del commercio online, diventando la startup più valutata del mondo.
Oltre a offrire i propri servizi ai commercianti che vogliono studiare meglio i propri clienti, SenseTime lavora anche con il governo cinese: la polizia, per esempio, se ne serve per identificare i criminali, e almeno una delle carceri del Paese lo sfrutta ai fini della sicurezza interna.
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