"Greta e Vanessa sono nelle mani dell'Isis"

Apprensione per le due italiane rapite in Siria. Ma per i media arabi stanno bene

"Greta e Vanessa sono nelle mani dell'Isis"

Per il Guardian di Londra sono già nelle mani dei decapitatori dell'Isis. Per il quotidiano arabo Al Quds Al Arabi stanno bene e torneranno presto. Nel frattempo Salvatore Marzullo, padre di Vanessa Marzullo, non nasconde l'angoscia instillatagli dall'assassinio del giornalista James Foley, ma si dice «ottimista» e spera di «riabbracciare al più presto» la figlia Vanessa e l'amica Greta Ramelli, le ventenni lombarde scomparse in Siria il 31 luglio.

Speranza lecita anche perché l'articolo del quotidiano inglese che attribuisce all'Isis il rapimento di Vanessa e Greta non cita alcuna fonte attendibile. Detto questo c'è poco da star tranquilli. L'incubo rischia infatti di auto realizzarsi. E l'Italia di ritrovarsi in balia di un gruppo pronto a usare due ragazzine come potentissima arma di ricatto. Immaginiamo soltanto se Vanessa e Greta ricomparissero inginocchiate nel deserto, coperte da testa a piedi, implorando di salvare le loro vite. E questo senza dimenticare il mistero di padre Paolo Dell'Oglio, il prete italiano finito sicuramente nelle mani dell'Isis. Il gesuita, spintosi nel luglio 2013 a Raqqa, la roccaforte siriana dell'Isis, per trattare la liberazione di due vescovi rapiti, scomparve dopo un presunto contatto con Abu Bakr Al Bagdadi, il misterioso capo dell'organizzazione terrorista. Secondo fonti siriane padre Paolo Dell'Oglio sarebbe stato assassinato già nelle prime fasi del rapimento. La sua morte non è però mai stata annunciata. Vista l'abitudine di negoziare nel silenzio più assoluto l'Isis potrebbe dunque star ancora trattando la sua liberazione.

O attendendo di utilizzarlo come strumento di ricatto. Molti altri ostaggi occidentali caduti nelle mani dell'Isis dopo Dall'Oglio sono però già tornati liberi. E dunque l'ipotesi di una morte in prigionia resta purtroppo la più probabile. Torniamo allora a Vanessa e Greta. Il loro rapimento avviene mentre sono ospiti del capo del Consiglio Rivoluzionario di Abzimo, un villaggio intorno ad Aleppo controllato dall'Esercito Libero di Siria, l'alleanza «moderata» di cui fa parte Liwa Shuhada la fazione islamista con cui le due erano in contatto. Nella zona però operano anche gli alqaidisti di Jabat Al Nusra. E fonti siriane de il Giornale danno per certa la presenza di piccole cellule dell'Isis costrette alla clandestinità in seguito alla guerra con Al Nusra e i suoi alleati. Il rapimento “beffa” può dunque essere effettivamente opera dall'Isis. Che deve ora solo decidere se utilizzare le due prigioniere per ottenere un cospicuo riscatto o per esercitare pressioni sull'Italia. In passato l'Isis non ha mai disdegnato la contropartita economica. Foley sarebbe ancora vivo se Washington avesse accettato di negoziare la richiesta iniziale basata su un riscatto di cento milioni di dollari e sulla liberazione della neuro scienziata jihadista Aafia Siddiqui, condannata a 86 anni e detenuta in Texas. Richieste presentate sempre in gran segreto.

Come segreta è stata la trattativa sul riscatto da 12 milioni di euro che ha consentito, ad aprile, la liberazione di Nicholas Henin e di Pierre Torres due giornalisti francesi rimasti prigionieri per dieci mesi e detenuti brevemente assieme a Foley.

L'Isis potrebbe però, come successo con il povero James Foley, anche trattare l' «acquisto» delle due italiane da un gruppo minore responsabile del sequestro per acquisire visibilità o fare cassa. In questo caso è probabilmente già in corso una difficilissima trattativa della nostra intelligence per anticipare le offerte dell'Isis e ricomprare le due «volontarie».

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