Beppe Grillo schiaccia Giuseppe Conte e prepara in autunno il «vaffa day» per l'avvocato in pochette. Il leader dei Cinque stelle si è praticamente consegnato nelle mani dell'«Elevato», per conservare la guida del Movimento. Ma oggi è in trappola. Beppe ordina, Giuseppì esegue. Una resa. Tutte le condizioni poste dal comico sono state accolte dall'ex premier. Che però ora sta implorando di poter avere la mano libera sulle candidature (i capilista) blindate. L'ultimo smacco per l'avvocato è lo stop (imposto da Grillo) al nome «Conte presidente» nel simbolo con cui i Cinque stelle concorreranno alle prossime elezioni politiche. Nulla da fare. L'avvocato di Volturara Appula ha provato fino all'ultimo istante a far cambiare idea al comico. Era già pronto il simbolo con la scritta «Conte presidente». Grillo ha minacciato di ritirare il logo M5S dal simbolo e lasciare l'avvocato solo.
Alla fine l'ex premier ha ceduto. Al Viminale si è presentato con il simbolo Movimento 2050. Quello classico, per intenderci. È solo l'ultima capitolazione per il leader del Movimento che ha già dovuto fare marcia indietro su altri due punti: la deroga al limite del doppio mandato (inserito nel programma elettorale dei Cinque stelle) e le candidature di Alessandro Di Battista e Rocco Casalino. Il capo voleva piazzare il suo portavoce come capolista al Senato. Grillo si è infuriato, minacciando un bel vaffa doppio. Rocco era sul punto di mollare tutto. D'altronde aveva una promessa in tasca del suo capo. È passato il veto dell'«Elevato». Altra stop è arrivato per Alessandro Di Battista. Il Che aveva preparato in fretta e furia i bagagli dalla Russia per ritornare in pista. A onor del vero anche Conte era scettico sull'ipotesi di una candidatura per Di Battista nel Movimento. Ma quei 2/3 punti più nei sondaggi facevano gola. Grillo si è messo di traverso sbarrando la strada al ritorno del figliuol prodigo. Il braccio di ferro più lungo è andato avanti sul doppio mandato. Conte ha tentato di salvare la poltrona ai fedelissimi Paola Taverna e Roberto Fico. Aveva chiesto due, al massimo tre, deroghe: Grillo è stato irremovibile. Anzi ha minacciato di ritirare il simbolo e mandare a casa tutti. Conte compreso. Praticamente, dopo la scissione del ministro degli Esteri Luigi di Maio, Conte si è consegnato nelle mani di Grillo. Ora l'ex capo del governo vuole un po' di autonomia sulle candidature. Vorrebbe blindare una decina di fedelissimi riservandogli un posto da capilista. Grillo apre e inserisce qualche nome di suo gradimento. Però chiede un risultato elettorale non inferiore al 10 %. È l'asticella fissata dal comico. In caso di flop elettorale, le premesse ci sono tutte, è già pronto il vaffa day (per Conte) autunnale.
L'idea del fondatore è quella di ritirare il simbolo dalle competizioni elettorali. Lasciando a Conte e al suo manipolo di parlamentari la facoltà di organizzarsi il partitino di sinistra in totale libertà. Senza però usare il simbolo del Movimento.
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