Uno slittamento quanto mai opportuno. L'entrata in vigore della norma introdotta con il decreto anticorruzione dall'emendamento Bonafede, norma che congela la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, mandando a quel paese ogni aspirazione a una ragionevole durata dei processi, arriverà solo a gennaio del 2020. Una vera fortuna per Beppe Grillo. Che, ieri, avrebbe visto confermata anche in appello la condanna a 4 mesi e al pagamento di cento euro di multa per la violazione dei sigilli di una baita in Val di Susa nel 2010, se i giudici torinesi - pur ritenendolo colpevole nel merito - non si fossero dovuti arrendere all'evidenza dell'intervenuta prescrizione.
Grillo dunque si salva dalla norma voluta fortissimamente proprio dai grillini, che martellano da tempo sull'equivalenza tra prescrizione e colpevolezza ma che, ora, su social e agenzie se ne stanno ben zitti mentre vedono il loro fondatore e guru risparmiarsi una macchia sulla fedina penale proprio grazie a quell'odiato istituto giuridico che loro, invece, hanno voluto abbattere, prorogando potenzialmente all'infinito i processi. In futuro. Perché, appunto, la norma attende ancora di entrare in vigore. Tantomeno l'uomo che ha inventato i Cinquestelle ha scelto, trovandosi a processo, di rinunciare alla prescrizione, come forse motivi di opportunità politica avrebbero suggerito. Dunque Grillo incassa più che legittimamente una pronuncia di estinzione e va a casa sorridente, liberato da un gravame giudiziario. Non male, soprattutto considerando che i giudici della Corte d'appello di Torino, valutando i fatti avvenuti otto anni fa in quella baita con Grillo a comiziare di fronte a un gruppo di arrabbiatissimi No Tav, erano pronti a confermare la condanna scritta in primo grado, osservando che «i presupposti per una pronuncia assolutoria per motivi di merito» semplicemente «non sussistono». Così la condanna andrebbe confermata, argomentano le toghe, ma viene estinta causa prescrizione. Curioso che lo stesso destino - l'estinzione - aspetti, tra un annetto, proprio la stessa prescrizione.
Ovviamente la tempistica tra marketing politico anti-prescrizione da parte del governo gialloverde - ricordate poche settimane fa Di Maio minacciare che in caso di mancato accordo sarebbe «saltato il contratto»? - e scampato pericolo del padre del Movimento non è sfuggita a nessuno, al netto del già citato silenzio pentastellato. Per esempio, il deputato-avvocato azzurro Francesco Paolo Sisto ha ironizzato proprio sugli sforzi che Di Maio e i suoi hanno fatto negli ultimi mesi per «colpevolizzare» la prescrizione, chiedendo ai vertici M5S se a questo punto pure Beppe Grillo vada conteggiato «nella lista dei furbetti della prescrizione che sfuggono alla giustizia». Per il parlamentare di Fi, insomma, «questo caso è la prova provata di come il giustizialismo grillino, così carico di paradossi, finisca per rivelarsi un boomerang».
Anni di battaglie per la ragionevole durata dei processi polverizzate da una norma populista.
Che andrà a regime tra poco meno di 400 giorni. Abbastanza presto da far deprimere i garantisti. Abbastanza tardi da non infastidire Grillo, salvandolo non solo dai 4 mesi di condanna, ma da anni e anni di udienze, avvocati e carte bollate nel tempo a venire.
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