I cervelloni stranieri? Lo Stato burocrate li tratta da clandestini

I ricercatori arrivati dall'estero per lavorare in Italia sono pochi. E sono esasperati dalle difficoltà per ottenere i documenti

I cervelloni stranieri? Lo Stato burocrate li tratta da clandestini

Attraversare il mondo per approdare in Italia. C'è un'altra strada per arrivare: non è la traversata della disperazione su barconi stracolmi. Sono ricercatori stranieri che giungono da tutto il mondo e hanno scelto il Tigem, il centro di ricerca di Telethon che ha sede a Pozzuoli, a Napoli. Sono ventuno. Russi, inglesi, argentini, indiani, giapponesi, spagnoli, cinesi. Attratti dal progetto innovativo di Andrea Ballabio, che dirige il centro dal 1994. I migliori scienziati che il presente ha a disposizione per sconfiggere le malattie. Biologi, medici, ingegneri, scienziati, corteggiati dalle principali università internazionali, con curriculum da eccellenza. Sono loro a dare lustro ad una Nazione, citati e ripresi dalle più autorevoli riviste scientifiche. Quelli per cui tutti gli altri Paesi pagherebbero per averli. Ma non l'Italia. L'Italia chiude gli occhi e si gira dall'altra parte davanti a loro. Altro che incentivi e tutele per ricercatori. L'idea di questi ultimi giorni di Nannicini, consulente del governo che propone di dare assegni ai 400 più meritevoli è ottima. «Un meccanismo per attirare cervelli italiani e stranieri», ha spiegato. Certo.

Peccato però che quelli (pochi) che già sono qui vengono trattati peggio dei clandestini. Cieca burocrazia, macchina infernale che tutto divora senza distinguere, senza capire, senza eccezioni. Code infinite ed estenuanti agli sportelli per ottenere documenti, giorni interi persi a capire a quale ufficio rivolgersi, nessuno che parli inglese, decine di telefonate all'Inps. Eccolo, il marasma delle carte e dei certificati da produrre, da esibire, Cud, 730, codice fiscale, certificati di residenza. Alison Forrester è una ricercatrice inglese dell'Istituto Telethon di genetica e medicina. È in Italia da poco eppure ha già imparato a parlare bene la nostra lingua. «All'inizio la difficoltà principale è stata proprio questa dei documenti. Ma non tanto per farli, quanto per capire dove dovessi andare. Facevo code per ore e poi mi dicevano che avevo semplicemente sbagliato la coda. Mi facevano passare da un ufficio all'altro. Mi sentivo esasperata. Rimbalzavo da un posto all'altro, avevo difficoltà su tutto, non solo la lingua, nessuno infatti parlava inglese, senza macchina, non conoscevo la città, i mezzi, mi sembrava un incubo. Poi per fortuna in Questura ho incontrato un immigrato dello Sri Lanka che parlava inglese e mi ha aiutato a uscirne. In Inghilterra è un po' diverso. Ti mandano tutto a casa. Anche per le tasse ad esempio. Calcolano loro e trattengono sullo stipendio. Qui invece con l'Inps ho perso mattinate intere per cercare di capire, il mio Pin ad esempio, non funziona». Ricercatori in lotta con un sistema intricato all'italiana. Roman Polishchuk, responsabile del Servizio di microscopia elettronica dell'Istituto Telethon di genetica e medicina è russo. Dieci anni fa dagli Stati Uniti è venuto al Tigem di Ballabio. «Qui è eccezionale. Lavoro in un istituto d'eccellenza unico e all'avanguardia. Macchinari di ultima generazione. Certo sarebbe perfetto, considerando che sono in uno dei luoghi più belli al mondo». E invece fuori il grigio della burocrazia ottusa è accecante. «Non vogliamo essere trattati come una casta. Nessuno chiede di avere trattamenti di favore rispetto agli altri stranieri che vengono qui a lavorare, ma semplicemente lo Stato dovrebbe capire che tutto questo tempo buttato via negli uffici noi lo sottraiamo alla ricerca. E la ricerca non ha tempo di aspettare. È vero, dieci anni fa, quando sono arrivato la situazione era più complicata. Oggi è migliorata un po', ma a volte per avere i documenti si crea una specie di circolo vizioso: non ti possono dare un documento se non hai un altro e viceversa.

In Russia ad esempio Putin sta attuando una serie di agevolazioni per favorire il ritorno in patria di cervelli sia russi sia stranieri: un programma dedicato ai ricercatori, agli scienziati e a chi lavora nella cultura. Loro hanno una corsi preferenziale per avere i permessi». Insomma, niente di eccezionale, semplicemente buon senso. Che ci vuole?

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