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I dem temono il Cav e le inventano tutte per tenersi il Quirinale

Il Pd insiste sul bis e prepara una norma. Letta convoca i suoi sindaci: se si vota...

I dem temono il Cav e le inventano tutte per tenersi il Quirinale

Non basta dire no una, due, tre, quattro volte. «Se scegliessero gli italiani, sarebbe un plebiscito per Mattarella, con Draghi a Palazzo Chigi», dice Matteo Ricci, che oltre ad essere il primo cittadino di Pesaro è il coordinatore dei sindaci Pd, convocati ieri a Roma dal segretario Enrico Letta. Un bis dell'attuale presidente della Repubblica rimane, nonostante i ripetuti dinieghi, la prima speranza delle truppe dem. Tanto da provarle tutte, persino la presentazione di una legge costituzionale, firmata dai dem Zanda e Parrini e avallata dal Nazareno, per cancellare la possibilità di rielezione del presidente al termine del primo settennato: un problema più volte sollevato da Mattarella. La pdl sembra una sorta di messaggio in codice al Colle: stavolta facciamo uno strappo e ti rieleggiamo, ma nel frattempo scriviamo nero su bianco che non lo faremo mai più, come tu chiedi.

Il bis sarebbe la quadratura del cerchio: un congelamento dello status quo con Mario Draghi alla guida del governo a occuparsi del Pnrr e a gestire la pandemia, un'assicurazione sulla vita della legislatura e - ciliegina sulla torta - un uomo del Pd ancora al Quirinale. Bloccando lo spauracchio delle manovre centriste di Matteo Renzi, che rischiano di spiazzare i dem. L'ipotesi Gentiloni (rilanciata dal recente tête à tête bruxellese con Matteo Renzi) piace molto in Europa e anche a parecchi nel Pd, e potrebbe trovare consensi nel centrodestra, che potrebbe ottenere in cambio una postazione nella Commissione Ue, e persino a M5s. Mattarella però viene ancora visto come l'unica carta capace di bloccare l'incubo sempre più concreto per la sinistra, ossia la candidatura di Silvio Berlusconi: «Se il Cavaliere riuscisse a compattare il centrodestra sul suo nome, incastrando Salvini e Meloni, nel segreto dell'urna potrebbe iniziare uno smottamento impensabile - confida un dem di lunga esperienza parlamentare - dalle nostre file e persino da quelle grilline, in cambio di una assicurazione sulla durata della legislatura». Anche se ieri sera alcune affermazioni di Enrico Letta, arrivate dopo un incontro a Palazzo Chigi con Draghi per parlare (ufficialmente) delle nuove misure contro la pandemia e della manovra all'esame del Parlamento, hanno fatto rizzare molte orecchie, perché mettono per la prima volta in conto la «fine» dell'esperienza di governo dell'ex capo della Bce: «La stagione del governo guidato da Draghi - dice Letta - è una fase positiva, ma a un certo punto terminerà, e sarà la politica a dover fare delle scelte e assumersi delle responsabilità. Per farle c'è bisogno di un partito che sia unito». Parole dietro cui molti hanno intravisto lo scenario: Draghi al Colle, elezioni anticipate. Del resto, anche la convocazione dei sindaci a Roma è stato un modo per attivare i sensori del Pd sul territorio, e capire a cosa si va incontro in caso di elezioni anticipate. Un freno arriva da Stefano Bonaccini, il governatore dell'Emilia Romagna (che sta premendo, insieme ai sindaci, perché tra i grandi elettori per il Colle ci siano anche alcuni primi cittadini): «Chi sono io per impedire che Draghi vada al Quirinale se il Parlamento lo vota? Ma se Mario Draghi continuasse a governare fino a fine legislatura mi sentirei più tranquillo.

Mi sento al riparo, con l'italiano più autorevole d'Europa al governo».

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