L'appunto

I destini incrociati di Renzi e Salvini

Due destini incrociati. E inevitabilmente condizionati dal fatto che le elezioni anticipate a giugno sono ormai un miraggio cui forse non credono più neanche loro

I destini incrociati di Renzi e Salvini

Due destini incrociati. E inevitabilmente condizionati dal fatto che le elezioni anticipate a giugno sono ormai un miraggio cui forse non credono più neanche loro. Eppure, almeno a parole, i due Mattei - Renzi e Salvini - continuano a teorizzare che si andrà al voto prima dell'estate, una previsione che cozza clamorosamente con i tantissimi segnali arrivati un po' da tutte le parti nelle ultime settimane. L'ex premier e il segretario della Lega, però, sembrano rimasti prigionieri di quella che più che una prospettiva concreta pare un auspicio.

Sia per Renzi che per Salvini, infatti, il voto subito è soprattutto un investimento politico che ha l'obiettivo di mettere a frutto oggi un consenso che in prospettiva - per ragioni diverse - ha alte possibilità di ridursi e pochissime chances di crescere. Per Renzi, perché più rimane alla finestra e più la sua leadership già notevolmente indebolita finirebbe per oscurarsi ulteriormente. Per Salvini perché nonostante la sua sovraesposizione mediatica vada avanti da tempo nei sondaggi la Lega è ormai assestata su un 13-14% da cui non sembra schiodarsi.

Ma ad accomunare Renzi e Salvini c'è anche un altro elemento. Se, come probabilmente sarà, non si voterà a breve tutti e due dovranno infatti venire a capo delle beghe interne ai rispettivi partiti. Il primo convocando il congresso del Pd, dal quale uscirà fortemente ridimensionato anche dovesse essere riconfermato segretario. Il secondo potrebbe invece farcela a rinviare il congresso federale, anche perché quella che oggi nel Carroccio è la minoranza non sembra intenzionata a chiedere le assise. Anzi, la strategia pare essere quella del prender tempo, anche perché negli ultimi mesi Salvini ha dato l'impressione di fare una serie di mosse che non hanno convinto. La minaccia di non ricandidare Umberto Bossi e di rompere con Forza Italia ha lasciato perplessa buona parte della dirigenza, anche quella che è schierata con il segretario. È chiaro, infatti, che in un simile scenario i governi di Lombardia e Veneto sarebbero a rischio. L'idea di indire una manifestazione a Napoli per l'11 marzo, invece, ha fatto infuriare la base dei duri e puri, quelli che pretendono dal Carroccio un occhio di riguardo al Nord.

È proprio sul fallimento del tentativo di «nazionalizzare» la Lega che puntano coloro che nel Carroccio vorrebbero mettere all'angolo Salvini.

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