I docenti saranno pagati per imparare a insegnare

Il decreto appena approvato prevede che i futuri educatori vengano formati a spese dello Stato

I docenti saranno pagati per imparare a insegnare

Poco bonus. Molto malus. Mettere mano nel mondo della scuola è impresa titanica. Non ci è riuscito nessuno. Chi ci ha provato ne è sempre uscito con le ossa rotte. Il mondo della pubblica istruzione è un pachiderma che ama procedere lento e schiacciare chiunque si illuda di fargli fare uno «scatto in avanti». Magari qualche «passo indietro», quello sì, è gradito. Ma guai a toccare elefantiaci privilegi conquistati in «duri anni di battaglie sindacali». Un corporativismo esasperato che ha ottenuto l'unico risultato di deprimere le tante eccellenze che pure esistono nel mondo della scuola. Professori e presidi motivati e preparati, destinati però a soccombere nella guerra contro la melassa sessantottesca dell'egualitarismo del «siamo tutti uguali». Guai a parlare di merito.

La vicenda tragicomica dei «bonus» destinati agli insegnanti «più bravi» è sintomatica di una mentalità perdente in partenza. Gli fa meglio e più degli altri è guardato con diffidenza. Meglio essere intruppati nel gregge e assecondare l'unica vera, grande, «conquista» sindacale. Che si esplicata nel seguente patto infame: voi prof vi accontentate di uno stipendio da fame, ma in «compenso», chi vuole, può battere la fiacca.

Ieri Italia Oggi ha aperto la prima pagina con una notizia che sa di paradosso: «Insegnanti pagati per formarsi». Scrive il giornale: «I futuri docenti della scuola italiana saranno pagati dallo Stato per formarsi. Tre anni di percorso, dopo aver superato due scritti e un orale, tra università, laboratori e scuole. Anche in cattedra per sostituire i colleghi di ruolo assenti per pochi giorni. Per i primi due anni 400 euro e poco più al mese. Dal terzo, si sarà pagati come un supplente annuale, 34 mila euro lordi l'anno. È il nuovo modello di formazione e reclutamento che vedrà la luce nel 2020, così come disciplinato dal decreto attuativo della Buona scuola». Si tratta di uno degli otto decreti delegati varati sabato scorso dal consiglio dei ministri, alla vigilia della scadenza della delega. I testi sono stati trasmessi alle Camere per il parere delle competenti commissioni.

«In queste ore - precisano da viale Terastevere - sta emergendo l'esigenza di procedere in modo congiunto, quantomeno nella fase delle audizioni che sia il Pd che il ministro dell'istruzione, Valeria Fedeli (quella che millantava una laurea mai conseguita ndr), vogliono sia ad ampio raggio, per recuperare quel rapporto con il mondo della scuola che il precedente governo pare aver perso proprio con la riforma della Buona scuola.

La Ragioneria generale dello stato ha stimato che alla prima selezione possano essere messi a bando 20 mila posti, 255 mila le domande, 193 mila i potenziali concorrenti.

Intanto la «buona scuola» resta sempre un inutile slogan. Da bocciare.

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