I giudici contro la riforma comprano pagine di giornale

RomaUna pagina intera sull'edizione locale de La Stampa , per «rassicurare i cittadini che si rivolgono al tribunale per la tutela dei loro diritti», con i dati sull'impegno dei magistrati, dal numero degli atti depositati, di udienze, sentenze e ore di lavoro.

Succede in un comune piemontese, il «giardino sul lago Maggiore» di Verbania, come lo chiamano. Quella pagina del giornale l'ha comprata Massimo Terzi, presidente del tribunale, per contrastare la sfiducia montante della gente verso le toghe e dimostrare che non tutte, almeno, sono fannullone. In occasione della «Giornata europea della giustizia civile» il capo dell'ufficio giudiziario ha deciso che bisognava rompere il silenzio assoluto, «assordante» come dicono molti suoi colleghi, per contrastare l'immagine che il governo Renzi, con le dichiarazioni accusatorie del premier e i provvedimenti punitivi in cantiere, accredita.

Così, i 31mila abitanti del terrazzo naturale sul Golfo Borromeo e tutti quelli dell'hinterland sono stati informati che nel 2013 in tribunale sono stati depositati 15.798 atti, 2.872 per ciascun magistrato, che ognuno dei 5,5 togati adibiti al civile ha svolto in media 2,5 udienze a settimana, pari a circa 15 ore, che diventano in un anno 2.500 lavorative. Ciò ha consentito, spiega l'alto magistrato ai lettori, di emettere 1.079 sentenze con procedimenti di durata inferiore a 18 mesi, 1.034 decreti ingiuntivi entro 5 giorni dalla richiesta, gestire quasi 1.000 tutele e amministrazioni di sostegno, ammettere crediti in sede fallimentare per oltre 215 milioni di euro.

Terzi ringrazia pubblicamente i magistrati anche onorari e il personale, compreso quello del penale, «per il grande e proficuo impegno» e conferma che «si continua a profondere tutte le possibili energie, pur consapevoli anche dei possibili errori nel giudicare controversie», auspicando (questo lo sottolinea in neretto sul quotidiano), «di riuscire a garantire, nei limiti delle proprie forze, un apprezzato ed equo complessivo servizio del tribunale di Verbania per la tutela dei diritti dei cittadini». La domanda è: perché questo giudice ha voluto sborsare 1.100 euro (gli sarebbe piaciuta una pagina nazionale, ma costava 16mila ed era un po' troppo) per lanciare il messaggio?

Per qualcuno è «uno squillo di tromba», che dovrebbe dare l'esempio in giro per l'Italia: tutti i tribunali potrebbero, contemporaneamente, mettere in piazza i «panni sporchi» in una «partita mediatica» per riguadagnare il buon nome della magistratura. Ma forse se ne vedrebbero delle belle. L'iniziativa è figlia del clima pesante che contrappone le toghe al governo e al premier in persona. Nasce dalla rabbia per il taglio delle ferie e il suo significato, per la riforma della responsabilità civile e le sue implicazioni, per il timore crescente che si metta mano pesantemente agli stipendi.

Nel momento in cui Renzi dice a chiare lettere che sulle leggi il governo «non tratta con i sindacati», le toghe si sentono sempre più orfane dell'Anm e del Csm, incapaci di rappresentare il loro scontento e di incidere sul cammino delle riforme. Di fronte al bivio tra un'opposizione ad oltranza, con tanto di sciopero o di una trattativa per migliorare il migliorabile, si dividono e si accapigliano tra loro. «Guardate come tratta la Cgil, con il suo milione di manifestanti in piazza.

Che otterremo noi con un giorno di sciopero», chiede qualcuno. Vacilla la rivolta, si macera lo scontento. E intanto c'è chi, come Terzi, prova la via del confronto diretto con la gente, per salvare la faccia del magistrato-lavoratore.

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