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I guariti fantasma la chiave di tutto. Ecco come Milano è diventata rossa

I dati trasmessi dalla Regione all'Iss spesso oscuravano l'assenza di sintomi dei pazienti al termine dei 10-21 giorni di isolamento. E il numero degli infetti era sovradimensionato

I guariti fantasma la chiave di tutto. Ecco come Milano è diventata rossa

Ma com'è possibile sbagliare ancora sui numero del Covid dopo mesi in cui anche i più allergici tra noi all'aritmetica non fanno altro che somme, divisioni, percentuali, visto che da pallottolieri e calcolatrici dipende un bel pezzo della nostra vita?

Il caso lombardo è quasi clamoroso: per una settimana la più importante regione italiana, quella che ospita oltre un sesto degli abitanti e quasi un quarto del Pil nazionale ha dovuto subire restrizioni più gravi del necessario in base alle pagelle stabilite dal ministero della Salute sulla base di numeri farlocchi, e non è chiaro per colpa di chi. La regione sostiene di avere fornito a Roma i numeri giusti, per l'Istituto superiore della sanità invece si è dovuto provvedere a un aggiornamento di dati «incompleti» per collocare la Lombardia nella zona arancione (come giusto) invece che in quella rossa. Noi peraltro su queste pagine quasi ogni giorno facevamo notare che in base ai dati da noi elaborati c'era qualcosa che non tornata. Anzi molto.

La Lombardia è finita in castigo per colpa di un indice Rt corrispondente a 1,4, un dato nettamente superiore a quell'1,25 che porta a essere iscritti di diritto in zona rossa, quella di massimo rischio. In quello stesso periodo (la settimana dal 10 al 17 gennaio) nello stesso periodo l'Rt sui ricoveri ospedalieri si assestava allo 0,93, e i nuovi contagi settimanali erano 133,71 ogni 100 mila abitanti (nel frattempo questo indice è sceso ulteriormente fino ai 113,05 di ieri). La soluzione del rebus, per solutori più che abili, sta nel fatto che il numero di casi indicati da Palazzo Lombardia, e sui quali viene calcolato l'Rt, è sovrastimato. A «caricare» questo numero fatidico di contagi fantasma è la diversa lettura del dato dei guariti, ovvero gli infetti che dopo un periodo di isolamento compreso tra i 10 e i 21 giorni possono interrompere l'isolamento senza l'obbligo di esibire un doppio tampone negativo. Nei numeri planati sul tavolo dei tecnici dell'Istituto superiore di sanità da Milano, per molte di queste persone non era stato compilato il campo riguardante il loro stato clinico (se cioè asintomatici, paucisintomatici o con sintomi) e quindi sarebbero rimasti tacitamente tra gli infetti. Fine pena mai.

Il fatto è che per la Regione Lombardia la compilazione di quel campo «non è obbligatorio» e anzi «sarebbe sbagliato forzarlo». Ma qualcuno a Palazzo Lombardia a un certo punto ha deciso che i guariti andavano censiti meglio. E il numero degli infetti è sceso, portando magicamente l'Rt ben sotto l'1, a 0,88.

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha scaricato ogni responsabilità, spiegando che la regione ha sempre inviato a Roma «dati puntuali, precisi e corretti». L'aggiustamento dei dati per la settimana 4-10 gennaio quella sulla base della quale sono stati decisi i colori delle varie regioni, sarebbe stato solo un «necessario aggiornamento di un campo del tracciato, tracciato che quotidianamente viene inviato all'Istituto superiore di sanità». Azione questa «condivisa con l'Istituto superiore di sanità resasi necessaria a fronte di un'anomalia dell'algoritmo utilizzato dall'Iss per l'estrazione dei dati per il calcolo dell'Rt, segnalata dagli uffici dell'assessorato al Welfare della Regione e condivisa con Roma». Secondo Letizia Moratti, nuova assessora al Welfare, giunta più o meno in corrispondenza della fine dell'anomalia lombarda, «abbiamo inviato la rivalorizzazione di dati richiesta che ci auguriamo porti alla revisione dell'assegnazione di zona rossa».

Detto fatto.

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