Un complotto. Un complotto in combutta con una potenza straniera. Kirill Kleimonyov, direttore delle news del Primo Canale della tv russa, ieri è andato in studio a spiegarlo ai telespettatori. Marina Ovsyannikova, la producer che ha protestato in diretta al Tg contro la guerra in Ucraina, non ha agito da sola sull'onda dell'indignazione. «Appena prima aveva chiamato l'ambasciata britannica. Chi di voi parla di solito con l'ambasciata britannica? Io no di sicuro. Ha tradito il suo Paese e tutti noi, ci ha tradito in modo freddo, calcolato, in cambio di un premio concordato. Come Giuda con i suoi 30 denari».
Il tradimento della Patria e le trame straniere: mancava solo questo all'armamentario, linguistico e pratico, del nuovo stalinismo russo. Secondo la «Novaya Gazeta», uno degli ultimi giornali che cercano di barcamenarsi tra le maglie della censura, l'espressione «nemico del popolo», «vrag naroda», quintessenza stessa delle purghe staliniane, è già tornata di moda nei commissariati di polizia. Così si sono sentite apostrofare molte tra le 15mila persone arrestate per aver protestato contro la guerra.
Con lo stalinismo è tornata la paranoia. Dove «la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza», diceva George Orwell in «1984». E in Russia la guerra si chiama «operazione speciale», vietato dire altro.
Ieri Roskomnadzor, l'autorità di controllo dei media, ha bloccato agentura.ru, sito fin qui miracolosamente sopravvissuto e dedicato all'analisi dell'attività dei servizi di sicurezza. Erano stati i due fondatori, Andrei Soldatov e Irina Borogan a parlare, pochi giorni fa, delle prime purghe putiniane all'interno del Fsb. E sempre ieri un tribunale ha dichiarato organizzazioni estremistiche Instagram e Facebook, per non aver impedito manifestazioni di violenza verbale contro la Russia. A Mosca e dintorni la legge che conta davvero è la cosiddetta «legge telefonica», intesa come telefonata che i giudici ricevono dall'alto con le indicazioni del verdetto atteso. A volte gli effetti sono paradossali: le aziende che hanno fatto pubblicità sulle due piattaforme potrebbero essere ora messe sotto accusa per sostegno di un'organizzazione estremistica. Lo stesso potrebbe accadere a chi distribuisce biglietti da visita con l'indicazione propri indirizzi sui due social media. A discuterne, già nel pomeriggio di ieri, erano un paio di giornali dedicati al mondo del business.
Ma è nella repressione della gente comune che il potere sembra dare il peggio di sè. Il «regime autoritario» sta conducendo non una ma due campagne, scrive Andrey Kolesnikov, analista politico ed editorialista della storica rivista «Tempi nuovi». La prima è l'operazione militare speciale condotta al di fuori dei confini della Russia. La seconda è una «operazione speciale contro il popolo russo».
Tra gli arrestati dei giorni scorsi una manifestante passeggiava tenendo in bella vista un cartellone completamente bianco. Un altro aveva un cartellone con due file di asterischi, nella prima tre nella seconda cinque: riferimento alle parole «net voinè», no alla guerra. Un'altra ancora sul suo cartello aveva scritto semplicemente: «due parole». Vietato anche questo. A Kaliningrad una donna di 59 anni, Olga Nedvetskaya, è stata spedita in ospedale psichiatrico. Il suo gesto di protesta: cantare e ballare in pubblico accompagnata da musiche tradizionali ucraine.
Il brutto è che tutto questo, secondo Kolesnikov, conta fino a un certo punto: «i dati sono imprecisi, ma la tendenza sembra chiara: l'operazione speciale ha il sostegno dell'opinione pubblica, il gradimento di Putin è cresciuto. C'è una radicalizzazione delle posizioni: chi era contro l'autocrate è ancora più convinto; lo stesso vale per chi era a favore». E il peggio deve ancora venire: «con chi è isolato e non è in grado di fuggire dal paese, il potere può fare quello che vuole. Senza alcun riguardo, anche formale, per la Costituzione o le leggi. Con l'indottrinamento totale dei bambini attraverso il sistema educativo. Questo regime non ha bisogno solo di sostenitori, ma di carne da cannone».
Chi poteva è scappato. Molti professionisti, artisti, protagonisti dello show business.
Come Ivan Urgant, uno dei presentatori più conosciuti della tv russa, autore di «Ciao Italia», benevola presa in giro del nostro Paese. Se ne è andato in Israele condannando la guerra sui social. Il primo canale ha già fatto trapelare che da settembre la sua trasmissione avrà un altro presentatore, suo grande rivale nei favori del pubblico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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