MilanoTante bandiere, polverose quanto i comizi. Il «popolo della pace» è tornato in piazza. Ma la guerra, per i pacifisti, è sempre quella: quella che in fondo in fondo - secondo loro - dipende da noi. «No al terrorismo e no alla sua sposa in divisa» ha urlato la presidente di Emergency Cecilia Strada, chiudendo la manifestazione convocata dall'organizzazione umanitaria con una miriade di sigle, i partiti (dal Pd a Rifondazione comunista) i centri islamici e le comunità di immigrati. Obiettivo? «Stare tutti insieme» dopo lo choc di Parigi e «le reazioni, xenofobe e islamofobe». Più o meno accomunate.
Così, rispondendo alla chiamata dell'organizzazione umanitaria, le sinistre milanesi hanno mobilitato alcune migliaia di persone, grazie soprattutto alla macchina organizzativa di Cgil, Arci e Acli. È stato un coro: a più voci ma intonate. E il presidio è riuscito. Con un capolavoro di auto-infingimenti, velleità ed equilibrismi verbali. «No alla violenza, no alla paura, no all'odio», queste le parole d'ordine più gettonate. Tante le magliette «Je suis Charlie» e tante le matite, per ricordare con sincera partecipazione i giornalisti e i disegnatori francesi vittime della carneficina del 7 gennaio nella redazione di Charlie Hebdo .
Parla di una «campagna per la difesa civile, popolare e non violenta», la piazza, spiega molto con «l'industria delle armi», cita parole famose: «L'odio si sconfigge solo con l'amore». «Speriamo che parli qualche musulmano» dice una consigliera comunale di Sel. E finalmente tocca al direttore della Casa della cultura islamica di via Padova, Mahmoud Asfa, che non ha niente da edulcorare. Parla degli «atti barbarici» di Parigi. Urla che «disonorano la nostra religione» e «tradiscono il messaggio del profeta». Fino all'intervento del leader moderato della più antica «moschea» di Milano, la parola «terrorista» è poco pronunciata, quasi mai l'aggettivo «islamico». Si sente spesso dire «i fatti di Parigi», «quel che è successo a Parigi». Deve intervenire il rappresentante dell'Anpi per parlare di «jihadisti» e ricordare il tremendo attacco antisemita al supermercato ebraico. Tocca a Gad Lerner ricordare che «per la prima volta nel Dopoguerra» la sinagoga di Parigi è stata chiusa. Tocca al giornalista di Repubblica avvertire che il pericolo non arriva solo da «quattro sanguinari». E mentre parla, dal pubblico qualcuno grida che «bisogna buttar giù il muro in Cisgiordania». Nella stessa piazza, più tardi, i palestinesi in Italia srotolano uno striscione che definisce Israele «minaccia per l'umanità». Insomma, «l'incubo di Parigi» verrebbe da lontano. «Vogliamo dire, come musulmani, che questo messaggio di terrore non ci appartiene - chiarisce il coordinatore dei centri islamici milanesi Davide Piccardo - questi fenomeni nascono da un'interpretazione estrema del messaggio islamico e dal rifiuto di migliaia di giovani che non si sentono rappresentati, ma rifiutati».
La linea della piazza pacifista è chiara. Lo schema è questo: «Da una parte gli assassini e le guerre, dall'altra noi». E la guerra, sia chiaro, è quella dell'Occidente. Barack Obama ha preso il posto di George Bush alla Casa Bianca? Lo spettro è quello di Marin Le Pen.
Non c'è più l'odiato centrodestra al governo in Italia? Il nemico si chiama Matteo Salvini, citato almeno tre volte con fragorosi applausi in segno di disapprovazione. «Comincio a chiedermi se nelle parole di Salvini non possa ravvisarsi il reato di istigazione all'odio» ha detto, una volta scesa dal camion-palco, la Strada.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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